Se la tesi tradizionale che afferma l’indisponibilità assoluta della vita umana appare improponibile alla luce dell’attuale quadro costituzionale, quella opposta dell’assoluta disponibilità non appare affatto derivarne inevitabilmente come i suoi fautori pretedono.

La Costituzione non solo riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, ma si assume il compito di garantirli. Di conseguenza, più aumenta il rango del bene giuridico secondo la scala di valori disegnata nel progetto costituzionale, così aumenta la libertà di autodeterminazione del singolo, ma allo stesso modo deve salire il grado di protezione che lo Stato garantisce in riferimento alla etero-aggressione da parte di altri soggetti al bene-vita dell’individuo.

Se è vero quindi che la vita è il bene supremo, e che il titolare del bene ha diritto ad autodeterminarsi rispetto a tale bene, di conseguenza lo Stato deve intervenire per tutelare il soggetto anche da quelle condotte che tentano di influenzare la decisione.

E’ opportuno allora distinguere i beni in tre categorie:

  1. Beni-mezzo. Sono beni strumentali rispetto ai beni personali, che possono costituire oggetto di libera negoziazione tra le parti. Qui la tutela dell’ordinamento interviene soltanto di fronte alla patologia della volontà, e non di qualunque influenza esterna al suo processo di formazione
  2.  Beni-fine personali. Sono beni indistruttibili, o comunque la cui eventuale diminuzione presenta effetti reversibili, e la cui rinuncia è accettabile in quanto si tratta inevitabilmente di una rinuncia soltanto temporanea e parziale, che si perfeziona col consenso del soggetto. La tutela dell’ordinamento qui non si arresta alla patologia, ma anche alla previsione del potere di revoca del consenso.
  3. Beni-presupposto. Si tratta di beni che costituiscono la premessa ineludibile del godimento di ogni altro diritto. Chiaramente qui il livello di protezione è più elevato: non può operare il meccanismo del consenso dell’avente diritto, perché si tratta di beni che non possono essere menomati in maniera reversibile e pertanto il soggetto, mutato proposito, non può ottenere la reintegrazione del proprio bene.

 

Il bene-presupposto per eccellenza è il bene-vita. Si richiede quindi non solo la volontarietà di rinuncia del bene vita, ma la sua assoluta spontaneità, tutelando il bene da qualsiasi interferenza esterna sulla decisione del titolare.