Principio di grande rilievo che impone un vincolo di precisione e chiarezza alle norme penali. Secondo una più recente classificazione dovrebbe parlarsi di principio di precisione. Al principio di determinatezza si riconduce poi il requisito per cui le norme penali devono prevedere fatti che possano venire provati tramite regole di esperienza. Esso si colloca tra i centrali principi di garanzia del diritto penale e si rivolge al giudice stesso richiedendo di scegliere tra le possibili interpretazioni della legge.

La tassatività scaturisce dallo stesso principio di legalità, anch’essa è espressione dell’idea liberale di uno stato di diritto caratterizzato dalla netta divisione dei poteri mirando a contenere gli spazi di discrezionalità del potere giudiziario e pertanto a preservare le prerogative del potere legislativo. Tale idea è affermata nel principio illuminista da Montesquieu e poi da Beccaria che arricchisce il principio di legalità con il canone della tassatività e con un dettame di chiarezza delle leggi all’estremo.

Il principio di tassatività a dire il vero non è esplicitamente enunciato dalla costituzione, l’art.25 insiste piuttosto sulla irretroattività della legge penale senza apparente riferimento alla necessità che questa sia anche chiara e precisa. Tale principio di ritiene comunque costituzionalizzato, sia per rafforzare il contenuto di legalità che sulla base di norme costituzionali altrimenti inconciliabili con il sistema normativo (disposizioni sull’inviolabilità del diritto di libertà personale, diritto alla difesa, obbligatorietà dell’azione penale).

L’estrema sottigliezza empirica del principio di tassatività è destinata a emergere dalla stessa riflessione sui requisiti necessari e sulle opzioni praticabili per assicurare precisione e chiarezza alle fattispecie penali. Il vero pericolo per il principio nulla poena sine lege non viene dall’analogia ma dalle leggi indeterminate. Rivelatrice del sottile crinale lungo cui è costretta a muoersi l’attività di normazione è del resto l’alternativa tra legislazione casistica e legislazione per clausole generali.

La preferenza per la seconda sembra sospingere verso quella tendenza in materia penale-economica a trasferire sul terreno della prova del fatto le questioni invece tradizionalmente affrontate nella definizione dei concetti. È pur vero che l’ambito della punibilità può essere determinato sia agendo sull’estensione del tipo delittuoso sia variando gli elementi di prova. Però le modifiche della punibilità realizzate operando su regole di prova sono maggiormente esposte all’estemporaneo decisionismo giudiziario e dunque si pongono in traiettoria centrifuga rispetto al dettame della tassatività.

La questione dell’alternativa tra legislazione casistica e per clausole generali non può del resto essere rivolta nettamente e una volta per tutte solo richiamandosi al dettame della tassatività. C’è peraltro una dimensione del principio di tassatività come vincolo nei confronti del legislatore a individuare con parole precise la fattispecie di reato. Nell’esigenza di rendere comprensibile il contenuto precettivo della norma si è infatti ravvisata una possibilità di estromissione di quelle nozioni scientifiche che non abbiano passato il vaglio della comunicabilità alla generalità dei consociati.

La tentazione più grave è di sottrarsi del tutto al sapere scientifico avendo come effetto di configurare fattispecie penali incapaci di incidere efficacemente sulla realtà empirica che sarebbero destinate a regolare.

La considerazione delle reali possibilità di provare in giudizio determinati requisiti di fattispecie è destinata a influire sulle scelte del legislatore solo nei limiti in cui egli non sia disposto a mettere in conto un elevato attrito sulla strada del proseguimento dei reati per il prevalente rilievo attribuito al rango del bene giuridico tutelato o alla funzione che nello specifico ambito di disciplina voglia conferire al diritto penale. Fattore decisivo per assicurare un’applicazione giudiziale delle fattispecie penali sensibile alla realtà resta dunque una buona tecnica legislativa, capace di trasfondere chiaramente e distintamente nella descrizione del tipo le componenti empiriche.

Non viene in questione l’orientamento alle conseguenze del sistema penale ma la sua aderenza a un canone metodologico consistente nell’adeguare la fattispecie alle regole delle scienze empiriche. Nella sua sofisticata articolazione il principio che impone precisione al precetto penale ha del resto maturato da tempo uno specifico spazio anche per il profilo riguardante l’aderenza della norma penale alle conoscenze empirico-scientifiche proprie della materia oggetto di disciplina.

Tra le sue molteplici forme di manifestazione l’indeterminatezza della fattispecie assume infatti anche quella di un’insufficiente capacità di rappresentare la realtà empirica in particolare dovuta a una carenza di conoscenze su tale realtà così da impedirne una rigorosa concettualizzazione. Es.corte costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità del delitto di plagio (art.603 c.p.) proprio per difetto di tassatività. Se la tassatività è tra i più cospicui e rilevanti principi di garanzia e dunque segna soprattutto i limiti di liceità dell’intervento penale esso si connette alle condizioni empiriche da cui dipende il funzionamento di tale intervento.

Ciò riguarda innanzitutto la stessa funzione della pena e in particolare la sua efficacia generalpreventiva. A Feuerbach di devono importanti enunciati sulla legalità e in materia di tassatività: ogni singolo reato deve essere descritto in modo determinato chiaro e esauriente così da essere comprensibile tanto al giudice quanto al cittadino. In relazione al ruolo di orientamento comportamentale del precetto penale rilievo preminente compete alla certezza del diritto e alla percezione della legittimità del sistema penale, in assenza della quale possono determinarsi reazioni di rifiuto globale del sistema o di norme specifiche.

È rilevante anche il collegamento con la funzione di risocializzazione del reo conferita alla pena dall’art.27 cost. La pena per svolgere una credibile funzione rieducativa deve essere applicata a un soggetto che sia stato in grado di avvertire il disvalore penale del fatto al momento della sua realizzazione altrimenti verrebbe meno il rapporto di fiducia tra cittadino e autorità. La recente attività legislativa italiana però non dà segno di ricattarsi dalle più inveterate manchevolezze o distrazioni.

Molteplici sono i fattori che concorrono a rendere il sistema penale non tassativo sia nel suo insieme che nelle sue componenti, tra i quali va prima di tutto identificata una difettosa tecnica di confezione delle norme che sconta il noto ritardo con il quale l’Italia a differenza degli altri paesi è venuta maturando una scienza della legislazione degna di questo nome. Tra i fattori di incertezza può annoverarsi anche una risalente e ininterrotta tradizione volta a privilegiare formulazioni sintetiche.

Vi è poi la straordinaria complessità delle moderne società occidentali sotto il profilo degli sviluppi tecnologici e del pluralismo ideologico e sociale. Strettamente connessa è poi la tendenza compromissoria dell’attività legislativa. Ai frequenti naufragi del legislatore sullo scoglio della tassatività ha fatto contrappunto un’estrema riluttanza della corte costituzionale ad accogliere le eccezioni di legittimità fondate su tale principio. Da un lato evita di spingersi nell’esame del testo legislativo e dall’altro perviene a una ipervalutazione del ruolo della giurisprudenza. Ma a partire dagli anni 80 si ha una svolta della corte costituzionale con sentenze che affrontano la situazione.

 

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