Il 133 fra gli elementi di cui il giudice deve tener conto nel valutare la gravità del reato annovera il “grado della colpa”: in qualche legge speciale la volontà della colpa è puntualizzata nella colpa grave. non è facile però nella vasta gamma delle regole di condotta e quindi di atteggiamenti colposi ex 43 3° trovare un criterio di graduazione. Il giudizio dovrà allora ispirarsi a intuizioni emotive, considerando il fatto come espressione della personalità dell’agente, soffermandosi sull’atteggiamento rivelato nei confronti delle altrui situazioni di interesse, non trascurando le circostanze obiettive che han contrassegnato l’azione.

Il 45 prescrive che “Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore”. Questa norma per Gallo è mal congegnata perchè affianca due fatti giuridici dal significato diverso. Infatti la forza maggiore esclude il coefficiente psichico dell’azione/omissione: cioè coscienza/volontà ex 42. Quindi la forza maggiore strutturalmente agisce sull’elemento oggettivo impedendo che un certo comportamento sia considerato come vero e proprio atto riferibile alla persona umana e non come qualcosa di assimilabile a cieca forza della natura. Dando la norma in questione per i due fatti un’unica non differenziata locuzione, conduce solo al fatto che si da rilievo alla realizzazione materiale di una condotta senza riguardo a come essa risulti a seconda che sia stata posta in essere per forza maggiore o caso fortuito. Quindi ci si chiede cosa intenda la legge quando dichiara non punibile il fatto commesso per caso fortuito. E’ pacifico il fatto che non ci troviamo di fronte a un dato che abbia gli stessi effetti della forza maggiore: quest’ultima esaurisce l’intera gamma delle situazioni che fanno venir meno coscienza/volontà dell’azione/omissione. La soluzione potrebbe quindi esser quella di aver dato rilevanza al caso fortuito sul nesso causale: ma il C.P. scarta questa soluzione all’art 45, il quale sia nella parte concernente la forza maggiore che in quella concernente il caso fortuito, si pone come chiusura di norme dedicate alla disciplina del cosiddetto “elemento psicologico del reato”: la volontà colpevole. non si spiegherebbe allora perchè il caso fortuito non sia stato menzionato in questa sede preferendo operare invece uno strano salto all’indietro tornando dall’elemento psicologico al rapporto causale. Ma è soprattutto il carattere di eccezionalità che il C.P. assegna all’intervento di fattori che, nonostante la conditio sine qua non tra condotta ed evento, fanno venir meno il nesso causale che rende inaccettabile l’idea di una disciplina dettata fuori dall’area del rapporto di causalità.

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