Consiste nel fatto di chiunque priva taluno della libertà personale (art. 605). Tale reato costituisce il paradigmatico esempio del faticoso e tardivo emergere dei delitti contro la libertà come categoria autonoma: solo con il codice Zanardelli, infatti, tale fattispecie viene riconosciuta in espressi termini di offesa alla libertà personale, per la ragione che oggetto di tutela è la fondamentale libertà dell’uomo a trasportarsi da un luogo ad un altro .

Nel codice Rocco, il sequestro occupa una posizione centrale nel sistema dei delitti offensivi della libertà personale, e questo per la sua onnicomprensività, comprendendo esso qualsiasi ipotesi di impossessamento coercitivo dell’altrui essere fisico, dalla legge non autorizzato, da chiunque o contro chiunque posto in essere:

  • il soggetto attivo è chiunque (reato comune);
  • il soggetto passivo è il titolare della libertà personale e, quindi, qualunque persona come tale, senza distinzioni (es. infanti, paralitici). Circa il controverso problema dell’efficacia scriminante del consenso dell’avente diritto, si ritiene che la libertà personale sia un bene solo parzialmente disponibile. Tale consenso, quindi, scriminase:
    • se concerne limitazioni circoscritte e secondarie, ma non la privazione totale;
    • se è persistente, ossia se accompagna la limitazione della libertà personale per la sua intera durata, essendo il consenso sempre revocabile, in qualsiasi momento;
    • circa l’elemento oggettivo, la condotta consiste nell’attività causativa della privazione della libertà personale, ossia nell’impossessamento dell’essere fisico. Trattandosi di un reato a forma liberta, esso può essere commesso:
      • mediante azione, come di solito:
        • con violenza personale fisica, propria (es. legando) e impropria (es. ipnosi);
        • con minaccia, nelle sue varie forme (es. piantonamento minaccioso);
        • con inganno (es. autoprivazione della libertà);
        • con altro mezzo non violento o fraudolento (es. chiusura a chiave);
  • mediante omissione, consentendo la suddetta condotta tipica, causalmente orientata, l’equiparazione ex art. 40 co. 2 del non impedire la privazione della libertà al cagionarla, nei confronti, tuttavia, soltanto di chi ha sul soggetto il relativo obbligo di garanzia;
  • circa l’elemento soggettivo, trattasi di reato a dolo generico, richiedendo l’art. 605 soltanto la coscienza e volontà di privare taluno della libertà personale ed essendo indifferente il fine dell’agente, a patto che non si tratti di scopo di estorsione (art. 630) o di terrorismo eversivo (art. 289 bis);
  • l’eventoè la privazione (totale o parziale) della libertà personale (piena o ridotta), intesa in senso relativo. Tale evento, quindi, può consistere:
    • nella privazione della libertà di una persona in condizione di libertà piena, totale (es. vittima legata mani e piedi) o parziale (es. vittima chiusa in una vasta casa);
    • nell’ulteriore privazione, totale o parziale, della libertà residua, ossia di persona che già versa in condizione di limitazione della libertà e che viene privata, totalmente o parzialmente, anche di tale residua libertà (es. incarcerato legato mani e piedi);
    • nella privazione della libertà di durata variabile, ma pur sempre apprezzabile e di un certo rilievo (v. lezione I Vigna);
    • nella privazione relativa della libertà, non essendo necessario che essa, per le modalità e i mezzi usati, ponga il soggetto nell’impossibilità assoluta di auto liberazione, ma essendo sufficiente che lo ponga nell’impossibilità relativa, non potendo egli superare agevolmente e prontamente gli ostacoli che si oppongono al recupero della libertà;
    • l’oggetto giuridico è lo status libertatis, da intendersi come libertà dall’impossessamento dell’essere fisico;
    • l’offesa è la perdita, totale o parziale, della libertà personale. Trattasi di reato di danno e di ipotesi paradigmatica di reato permanente, essendo la libertà personale il bene più comprimibile e riespansibile, ma non distruttibile;
    • la perfezione si ha nel momento e nel luogo in cui si verifica il minimum apprezzabile di privazione della libertà, necessario e sufficiente per la sussistenza del reato. La consumazione si ha nel momento in cui cessa la condotta volontaria del mantenimento della persona in condizione di privazione della libertà, il quale può protrarsi ben oltre il momento perfezionativo. Il tentativo è configurabile soltanto prima del suddetto momento.

 Sono previste quattro aggravanti speciali, ricorrenti allorché il fatto sia commesso (art. 605 co. 2):

  • in danno di un ascendente, di un discendente o del coniuge;
  • da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni;
  • da persona sottoposto a misura di prevenzione (l. n. 575 del 1965);
  • in danno di persone internazionalmente protette, compresi gli agenti diplomatici (l. n. 107 del 1985).

 Trattamento sanzionatorio: il reato è punito di ufficio:

  • con la reclusione da 6 mesi a 8 anni;
  • nelle ipotesi aggravate dell’art. 605 co. 2, con la reclusione da 1 a 10 anni;
  • nelle ipotesi aggravate previste dalle due leggi speciali di cui sopra, con la pena prevista dall’art. 605 aumentata da 1/3 a 1/2.

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