Gli stati sono liberi quanto alla materia oggetto del trattato e alla natura delle norme in esso contenute. Gli stati utilizzano, infatti, trattati nei settori più vari, dalla cooperazione in materia commerciale alla navigazione ad esempio, sia per assumere reciprocamente obblighi in settori nei quali non esistono norme generali, sia per precisare o al contrario escludere nei rapporti reciproci l’ applicazione di queste ultime. Il numero delle norme pattizie è in continua crescita anche perchè lo sviluppo delle relazioni internazionali non può o non vuole attendere i tempi spesso lunghi necessari per la formazione di norme generali.

Inoltre l’ accordo permette una disciplina particolareggiata e precisa delle relazioni tra le parti e la previsione di procedure che non si prestano ad essere definite attraverso norme generali. Sotto il profilo del contenuto dei trattati l’ unico vincolo posto dal diritto internazionale odierno è costituito dal rispetto delle norme di jus cogens che non possono essere derogate mediante trattato.

Alla convenzione di Vienna si fa esplicito richiamo nelle esame delle norme che regolano gli accordi tra stati stipulati per iscritto e retti dal diritto internazionale, quale che ne sia l’ oggetto ed esplicitamente anche ai trattati istitutivi d’organizzazioni internazionali.

La convenzione di Vienna del 1969 non vuole escludere che altre entità possano stipulare trattati soggetti alle norme consuetudinarie in materia, come avviene in alcuni stati federali, la cui costituzione permette agli stati federati di concludere accordi internazionali alle condizioni e nei limiti ivi stabiliti. Si è solo voluto escludere dalla convenzione qualsiasi trattato stipulato da enti diversi dagli stati, al quale le norme consuetudinarie in vigore si potranno eventualmente applicare in modo indipendente da quanto stabilito dalla convenzione stessa.

Non esistono norme internazionali che impongano condizioni di forma per la conclusione dei trattati. Il fatto che la convenzione di Vienna non si applichi agli accordi non conclusi in forma scritta non significa che questi non siano soggetti alle norme consuetudinarie sul diritto dei trattati.

È da sottolineare il fatto che non tutti gli accordi tra stati sono soggetti al diritto internazionale. Da un lato gli stati concludono talvolta accordi regolati dalle norme interne di uno di essi, come quando creano imprese internazionali costituite secondo una legge nazionale. Dall’ altro gli atti che rientrano nella soft law sono sottratti al diritto internazionale in quanto non creano obblighi e diritti reciproci.

Nelle diverse fasi della procedura che porta alla formazione del trattato gli Stati sono rappresentati dai c.d. plenipotenziari persone espressamente autorizzate dall’organo competente dello Stato a negoziare, adottare, autenticare e firmare il testo del trattato e ad esprimere eventualmente il consenso dello stato. Il documento che identifica il rappresentante si chiama pieni poteri e deve essere esibito ai rappresentanti degli altri stati o depositato presso il segretariato dell’organizzazione nell’ambito della quale un trattato viene concluso.

Qualora un atto relativo alla conclusione sa compiuto da un soggetto non autorizzato, tale atto non avrà effetto, salvo che sia successivamente confermato dallo stato in questione. Alcune categorie di persone sono esentate dalla presentazione dei pieni poteri, godono cioè dei pieni poteri impliciti per effetto della funzione che svolgono nell’apparato dello stato per tutte o solo per alcune fasi della procedura di conclusione: si tratta di capi di stato, capi di governo o ministri degli affari esteri che possono compiere qualsiasi atto relativo alla conclusione di un trattato. Dei capi di missione diplomatica limitatamente alla negoziazione e all’adozione del testo dei trattati fra lo stato accreditante e lo stato accreditario.

Le fasi della procedura che porte alla stipulazione di un trattato sono diverse secondo che si tratti d’accordi in forma semplificata o in forma solenne.

La forma solenne prevede una prima fase di negoziato che può svolgersi su impulso di uno o più stati o nell’ambito di un organizzazione internazionale ed è seguita dall’adozione del testo. La conferenza degli stati che partecipano al negoziato o le regole dell’organizzazione nel cui ambito questo venga promosso possono determinare le modalità di svolgimento della procedura e le maggioranza necessarie per la votazione dei singoli articoli e del testo nel suo complesso. La convenzione di Vienna pone quale regola generale l’ unanimità, ma prevede nel caso di una conferenza internazionale il testo sia adottato a maggioranza dei due terzi. A meno che con questa stessa maggioranza gli stati non decidano una regola diversa. In alcuni casi più recenti gli stati hanno scelto la procedura per consensus, una modalità d’espressione della volontà degli stati che prescinde dal voto formale e che permette di adottare il testo in assenza d’obiezioni espresse.

All’ adozione segue l’ autenticazione che fissa in modo definitivo il contenuto del trattato. Questa può avvenire secondo modalità stabilite nel testo o convenute dagli stati o in mancanza può avvenire tramite la firma ad referendum o tramite la parafatura da parte dei plenipotenziari, alla quale segue poi la firma definitiva. Tale firma definitiva può essere apposta in un solo luogo ed in un solo momento per tutti gli stati che hanno partecipato al negoziato oppure può rimanere aperto alla firma in più luoghi ed anche per periodi piuttosto lunghi. I trattati possono essere negoziati ed autenticati in più lingue secondo i casi. Ogni versione potrà avere lo status di testo autentico se così convengono gli stati altrimenti potrà trattarsi di versioni ufficiali, cioè di testi firmati dagli stati ma non accettati come autentici o di traduzioni non ufficiali preparate da una o più parti. Di base il principio d’uguaglianza degli stati comporta l’ uguaglianza dei testi autentici, salvo che gli stati abbiano indicato che un testo debba prevalere sugli altri.

Nei trattati stipulati in forma solenne la manifestazione del consenso dello stato ad obbligarsi al trattato si esprime solitamente in un momento successivo rispetto ala firma. La convenzione di Vienna menziona a tal proposito la ratifica, l’accettazione, l’approvazione o l’adesione, o qualsiasi altro strumento convenuto tra gli stati. Le prime tre espressioni coincidono ed indicano una manifestazione del consenso da parte d uno stato che ha partecipato al negoziato ed ha adottato e firmato il testo del trattato con riserva di ratifica successiva. L’ adesione riguarda invece gli stati che vogliono partecipare al trattato in un momento successivo alla firma. L’ adesione è però possibile solo per i trattati aperti e cioè per i trattati che permettono la partecipazione d’altri stati in modo esplicito o implicito, per la loro natura o il loro contenuto. Gli accordi regionali ad esempio sono trattati aperti solo agli stati situati nella regione considerata. Secondo la terminologia utilizzata nella convenzione di Vienna, con la manifestazione del consenso, uno stato diventa “contraente” di un trattato, indipendentemente dal fatto che il trattato stesso sia entrato in vigore. Uno stato “parte” è invece uno stato nei cui confronti il trattato è in vigore.

Le modalità ed i tempi per l’ entrata in vigore dei trattati sono molto vari e sono generalmente stabiliti nelle disposizioni finali del trattato. È da notare che queste disposizioni, disciplinando il comportamento degli stati al fine dell’entrata in vigore dell’accordo, si applicano immediatamente sin dalla firma del trattato. Inoltre nel periodo tra la firma e l’ entrata in vigore gli stati sono tenuti a comportarsi in buona fede per non porre nel nulla la futura entrata in vigore del trattato.

Una volta stipulato il trattato, nell’ambito dell’organizzazione o di una conferenza internazionale, il segretario generale, o lo stato ospitante sono designati quali depositari di tutti gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione degli stati e devono comunicare a tutti gli stati firmatari e poi agli stati aderenti l’ avvenuto deposito del consenso degli altri stati. Generalmente il trattato indica quanti strumenti di ratifica sono necessari e quanto tempo deve decorrere dal deposito dell’ultimo di tali strumenti per l’ entrata in vigore, nonché da quando decorrono gli effetti del consenso per gli stati che lo manifestano in un momento successivo all’entrata in vigore internazionale. Gli stati possono inoltre stabilire che un trattato o parte delle sue disposizioni si applichino in via provvisoria prima dell’entrata in vigore.

La forma semplificata di stipulazione viene adottata solitamente per gli accordi bilaterali o per quelli conclusi tra gruppi ristretti di stati e che riguardano generalmente questioni di carattere tecnico o amministrativo. Sono frequenti nelle organizzazioni internazionali, per le decisioni relative al funzionamento delle istituzioni o alla nomina degli organi che sono adottate dai rappresentanti degli stati al di fuori delle istituzioni stesse. In questi casi la firma del testo o lo scambio dei documenti o degli strumenti contenenti il trattato costituisce la manifestazione del consenso. È necessario, però nel primo caso, che i pieni poteri indichino la volontà dello stato da attribuire tal effetto alla firma del rappresentante. L’ entrata in vigore coincide di solito con la firma o lo scambio degli strumenti contenenti il trattato, ma gli stati possono stabilire anche un momento successivo.

 

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento