La funzione giurisdizionale internazionale presenta ancora natura arbitrale, essendo ancorata al principio per cui un giudice internazionale non può giudicare se la sua giurisdizione non è stata preventivamente accettata da tutti gli Stati parti di una controversia.

Gli Stati sono liberi di deferire ad un tribunale internazionale una qualsiasi controversia che riguardi i loro rapporti. Ciò che conta è che ne accettino la decisione come vincolante. Ai fini dell’esercizio della funzione giurisdizionale internazionale, in particolare, vale la nozione di controversia data dalla Corte Permanente di Giustizia Internazionale nella sent. del 1929 del caso Mavrommatis, poi ripresa dall’attuale Corte Internazionale di Giustizia nel 1962, secondo la quale la controversia è un disaccordo su di un punto di diritto o di fatto, un contrasto, un’opposizione di tesi giuridiche o di interessi tra due soggetti. Esistono due tipi di controversie:

  • le controversie giuridiche, per le quali le parti assumono l’impegno di sottoporsi ad un tribunale internazionale comunque costituito;
  • le controversie politiche, per le quali tale impegno non viene assunto, restando la loro eventuale soluzione affidata alle c.d. vie diplomatiche.

Tale distinzione, tuttavia, ha ormai scarso significato: sebbene esistano accordi tuttora validi che limitano espressamente l’obbligo del regolamento giudiziario da essi previsto alle controversie giuridiche, infatti, questo ha assai di rado indotto i tribunali internazionali a negare la propria giurisdizione.

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