Un trattato può essere modificato o abrogato, in modo espresso o implicito, da un trattato concluso in epoca successiva fra gli stessi contraenti. Occorre tuttavia chiedersi che cosa succeda se i contraenti dell’uno e dell’altro trattato coincidano solo in parte (es. Stato che si impegna mediante accordo a tenere un certo comportamento e che poi, con un accordo con Stati diversi, si obbliga a tenere il comportamento contrario).

La soluzione non può che discendere dalla combinazione dei due principi, quello della successione dei trattati nel tempo e quello dell’inefficacia dei trattati per i terzi:

  • fra gli Stati contraenti entrambi i trattati, quello successivo prevale. Tali Stati, quindi, si trovano a scegliere se tenere fede agli impegni assunti col primo trattato oppure a quelli assunti col secondo, venendo comunque a commettere un illecito;
  • fra gli Stati contraenti uno solo dei due trattati, restano integri tutti gli obblighi che da ciascuno di essi derivano.

La soluzione accolta, favorevole alla piena validità ed efficacia di entrambi gli accordi incompatibili, salva la responsabilità dello Stato che li abbia contratti entrambi, viene sostenuta dalla maggioranza della dottrina e dalla giurisprudenza.

Dalla soluzione accolta non si discosta la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati:

  • l’art. 30, dopo aver sancito la regola che fra due trattati conclusi tra le medesime parti il trattato anteriore si applica solo nella misura in cui le sue disposizioni sono compatibili con quelle del trattato posteriore (par. 3), stabilisce che quando le parti del trattato anteriore non sono tutte parti contraenti di quello posteriore (par. 4):
    • nelle relazioni tra gli Stati che partecipano ad entrambi i trattati, la regola applicabile è quella del par. 3;
    • nelle relazioni tra uno Stato partecipante ad entrambi i trattati ed uno contraenti uno solo dei trattati medesimi, il trattato di cui i due Stati sono parti regola i loro diritti ed obblighi reciproci ;
    • l’art. 41, fatto salvo dall’art. 30 par. 5, stabilisce che due o più parti di un trattato non possono (ne deriva la responsabilità internazionale degli Stati e non l’invalidità dell’accordo successivo) concludere un accordo volto a modificarlo, sia pure nei loro rapporti reciproci, quando la modifica è vietata dal trattato multilaterale oppure pregiudica la posizione delle altre parti contraenti o ancora è incompatibile con la realizzazione dell’oggetto o dello scopo del trattato nel suo insieme.

La preoccupazione degli Stati di evitare situazioni del genere è rispecchiata da certe clausole che con sempre maggiore frequenza vengono inserite nei trattati, onde salvaguardare i rapporti giuridici derivanti da altri accordi (es. clausole di compatibilità o di subordinazione). Con tali clausole i problemi vengono evidentemente risolti alla radice: ai sensi dell’art. 30 par. 2 della Convenzione di Vienna, quando un trattato precisa che esso è subordinato ad un trattato anteriore o posteriore o che esso non deve essere considerato come incompatibile con tale trattato, le disposizioni di quest’ultimo prevalgono.

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