Una volta introdotte nell’ordinamento interno, le norme internazionali sono fonti di diritti e obblighi per gli organi statali e per tutti i soggetti pubblici e privati che operano all’interno dello Stato. Ciò è particolarmente evidente quando si sia provveduto all’adattamento mediante procedimento ordinario, ma lo stesso va sostenuto con riguardo alle norme introdotte all’interno dello Stato mediante procedimento speciale.
Occorre adesso analizzare le norme non self executing, nozione questa da circoscritta a tre casi:
- caso in cui una norma attribuisca semplici facoltà agli Stati;
- caso in cui una norma, pur imponendo obblighi, non possa ricevere esecuzione in quanto non esistono gli organi o le procedure interne indispensabili alla sua applicazione;
- caso in cui l’applicazione di una norma comporti particolari adempimenti di carattere costituzionale.
Occorre tuttavia opporsi a quelle tendenze dirette ad utilizzare la distinzione tra norme internazionali self executing e non self executing a scopi politici, ossia per non applicare norme indesiderate perché contrarie a sopravvenuti interessi nazionali. Quanto diciamo vale anzitutto per quella parte della giurisprudenza di vari Paesi che esclude la diretta applicabilità di una convenzione a causa del suo contenuto, definito vago o indeterminato. È poi da respingere l’opinione secondo cui un trattato non è self executing se prevede che, in caso di sospensione o di mancata applicazione delle sue norme, debba farsi ricorso a procedure di conciliazione o ad altri mezzi internazionali di soluzione delle controversie (flessibilità delle disposizioni). In casi del genere, al contrario, tutto ciò che può dirsi è che lo Stato contraente ha facoltà di adottare delle misure non conformi al trattato, tuttavia, fintanto che le misure non siano prese, il trattato deve comunque riceve applicazione all’interno dello Stato. Neppure può ritenersi che costituisca un impedimento alla diretta applicabilità di un trattato il fatto che questo contenga una clausola di esecuzione, ossia che preveda che gli Stati contraenti adotteranno tutte le misure di ordine legislativo o altro per dare effetto alle sue disposizioni: trattasi infatti di clausole dalle quali sembra assurdo ricavare nient’altro che la volontà e l’aspettativa del trattato di essere applicato.
Risulta tuttavia soddisfacente notare che, col passare degli anni, la giurisprudenza di vari paesi ha sempre più teso ad essere liberale, modificando precedenti prese di posizione favorevoli alla non diretta applicabilità.