Una disciplina interna in materia di brevetti per prodotti biotecnologici la abbiamo avuta solo nel 2006, con il d.l 3/2006, fatto per ragioni di urgenza perché L’Italia era rimasta a lungo inadempiente all’obbligo imposto dalla direttiva 98/44 e, prevedere una regolamentazione interna in materia di brevetti per prodotti biotecnologici. Poi il dl è stato convertito nella l 78/2006; inoltre è stato trasfuso nell’art 81 da bis a octies del codice della proprietà industriale. L’Italia era inadempiente, ma non è che prima fosse vietato brevettare un organismo vivente, semplicemente non c’erano delle norme ad hoc, non c’erano norme che riprendessero in modo organico le disposizioni comune introdotte dalla direttiva 98/44. In realtà, noi abbiamo recepito in modo quasi integrale la direttiva. La direttiva è frutto di tantissimi lavori di interpretazione, di riflessione su cosa sia brevettabile. Negli USA, in origine c’erano solo i requisiti della novità e della utilità. Ritenevano che l’utilità in qualche forma dovesse sempre essere valutata. Il loro requisito di utilità viene richiesto e viene calibrato in relazione ai diversi settori e basta una minima utilità.

C’è anche il requisito della originalità, anche se non è considerato un requisito rilevante. Le grosse sperimentazioni nel settore delle biotecnologie si sono avute nel sistema statunitense: il primo organismo brevettato è stato brevettato da loro: è stato brevettato ad opera di Pasteur un fungo privo di germi. Dunque le prime sperimentazioni su cosa fosse o meno brevettabile si sono avute negli USA. Sono tutti brevetti a cavallo tra ‘800 e ‘900. Si è pervenuti ad una legislazione che nel 98 ha ricreato un quadro organico. L’indicazione di ciò che è brevettabile nel nostro ordinamento ce lo dice oggi a seguito della modifica del 2010, ce lo dice l’art 81 quater. Ci do un elenco di materiale vivente brevettabile: è brevettabile innanzitutto un materiale biologico. È brevettato se isolato dall’ambiente naturale oppure se è realizzato con un procedimento tecnico (es procedimento dna ricombinante).

Perché ci concentriamo su questi 2 procedimenti? In realtà quando si parla di brevetto in questo settore va specificato molto bene quale procedimento si usa per l’invenzione. Non il materiale biologico in se e per sé, ma il materiale biologico in quanto realizzato con quel procedimento (product by process). Alla lettera d si parla di invenzioni relative ad un elemento isolato dal corpo umano, a condizione che al sua funzione e applicazione industriale siano concretamente indicate e descritte. Ciò ci porta al discorso sulla domanda di brevettazione: può essere brevettato come nuoco, qualsiasi nuovo uso di un certo materiale biologico. L’altra considerazione riguarda le limitazioni alla brevettazione. L’art 81 quinquies dice che vi sono una serie di esclusioni alla brevettazione, ci sono delle cose che non potranno essere brevettabili. Il nostro ordinamento nel recepire la direttiva, ha posto dei paletti robusti all’esclusione. Non è brevettabile il corpo umano: il corpo umano sin dal momento del concepimento e nei vari stadi del suo sviluppo, ivi compresa la norma o la sequenza parziale di un gene. Non sono brevettabili le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità umana. Non sono brevettabili i procedimenti di eugenetica e di clonazione. Non è brevettabile l’utilizzazione di embrioni umani, ivi incluse le cellule staminali di embrioni umane.

La nostra normativa riprende quasi integralmente la normativa comunitaria, quasi perché ogni stato ha attuato questa direttiva e l’ha attuata con provvedimenti a sé stanti in base alla loro sensibilità. Sentenza CG impegnata a chiarire in virtù di un quesito fatto ad un giudice tedesco se la definizione di embrione debba essere una definizione unica o invece lasciata ai diversi ordinamenti. Ogni stato ha recepito una direttiva, che non da la definizione di embrione: prevede la non brevettabilità salvo che in una limitata ipotesi che riguarda il caso in cui l’embrione umano sia utilizzato per finalità terapeutiche, in circostanze limitate e non a fini commerciali. La sentenza dice che la definizione di embrione deve essere unitaria, non ci possono più essere interpretazioni diverse da stato a stato.

Qual è il problema? Si tratta di un brevetto che era stato ottenuto da un ricercatore tedesco per alcune tecniche che utilizzavano degli embrioni umani nell’attuazione dell’invenzione stessa, distruggendoli in un certo stadio del loro sviluppo. Questa ricerca serve per portare avanti lo sviluppo della conoscenza, delle tecniche per prevedere la soluzione di problemi neuronali legati all’anzianità del nostro cervello. Ottenuto il brevetto, gli è stata fatta causa da Greenpeace. Il giudice dell’appello ha deciso di annullare la concessione del brevetto stesso. La richiesta di brevettazione è stata portata davanti al giudice ordinario tedesco il quale ha rimesso la questione della definizione alla CG, ritenendo che la questione coinvolga tutti gli stati. L’art 6 della direttiva 98/44 parla della non brevettabilità dell’embrione. Il contesto normativo che segue nella sentenza è relativo a tutti gli accordi comunitari e internazionali fanno riferimento alla brevettazione embrionale.

Leggi pag 3 punti 5 6 7 14: una cosa è il brevetto, il quale è relativo alla disposizione economica, altra cosa sono i paletti che ogni ordinamento fissa chiarendo ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Punto 16: questo è l’art 81 quinquies. Punto 17: incentivo alla ricerca. Punto 39: chiarisce ciò che è etico e morale. Punto 42: da un aparte nega la non brevettabilità salvo una eccezione, ovvero le invenzioni a finalità terapeutiche o diagnostiche sono utili all’embrione umano. Art 6: lo sfruttamento commerciale di embrioni non può essere brevettato; ciò non significa che studi che hanno alla base embrioni non possano esistere, non possono però essere brevettati. Il diritto tedesco, la legge di recepimento della direttiva ha dato una interpretazione più ampia rispetto alla nozione di embrioni. L’art 8 definisce l’embrione umano: distinzione tra cellule pluripotenti e le cellule totipotenti.

Il giudice parte dalla considerazione che dalla direttiva non esiste una definizione di embrione umano(punto 28). Il giudice dice che deve essere data una definizione unitaria perché lo richiede il mercato. Punto 35 e 38: embrione è qualunque ovulo umano sin dalla fecondazione anche quello non fecondato purchè non si sia riprodotto. Una seconda questione riguarda se la nozione di utilizzo di embrioni umani includa anche la ricerca pura (punto 40)

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