Vediamo il codice per la proprietà industriale. È la normativa (d. lgs 30/2005) che si occupa dei diritti di proprietà industriale. Questo codice ha riunito in se tutta una serie di normative per lo più di estrazione comunitaria. In materia di disciplina del marchio noi abbiamo una disciplina che, da una parte deriva da un rd del 1942, dall’altra risente dell’influenza delle normative comunitarie successive che hanno definito l’ambito di tutela del marchio. Esiste una disciplina interna al marchio ed esiste poi un marchio comunitario ed esistono delle tutele internazionali del marchio. La disciplina interna È una disciplina molto simile a quella comunitaria. È un codice che assomma una serie di principi propri della nostra disciplina giuridica e non è distante dalle poche scarne norme presenti nel cc. L’art 2569 cc dà una prima definizione di marchio. Che cos’è il marchio? È un segno distintivo di un prodotto o di un servizio. In effetti se proprio vogliamo definire il requisito essenziale dei marchi, dobbiamo dire che i marchi sono dei segni atti a distinguere il prodotto di un determinato imprenditore. Questo concetto di capacità distintiva lo troviamo nella definizione dell’art 2569 e anche nell’art 7 del codice della proprietà industriale. “purché siano atti a distinguere prodotti e servizi” è un elemento essenziale per potere poi tutelare il marchio. Per comprendere ancora meglio la funzione del marchio nel mercato, dobbiamo specificare che esistono marchi generali e marchi speciali. Esistono cioè dei marchi in grado di identificare, distinguere l’impresa produttrice e dei marchi in grado di distinguere il prodotto dell’impresa di riferimento. Es fiat 500 sono due marchi: c’è il marchio fiat che connota l’impresa. La funzione del marchio generale è quella di indicare l’origine, la provenienza del prodotto. I marchi speciali connotano il singolo prodotto (500), hanno una funzione di garantire la costanza qualitativa del prodotto. La funzione del marchio speciale è quella di garantire questa omogeneità del prodotto nel tempo. Un tempo, fino al 1992 l’unica funzione disciplinata, ritenuta importante per l’ordinamento, è la funzione di indicazione dell’origine del prodotto. Perché non era importante l’omogeneità? Fino agli anni 90 il marchio non poteva essere trasferito senza l’azienda o il ramo d’azienda. Cioè, un tempo, il marchio non poteva essere dato in licenza come si fa oggi: o veniva ceduta l’azienda o altrimenti non c’era una alternativa. Oggi invece è possibile dare in licenza il marchio, anche in licenza non esclusiva e proprio per questo si è accentuata questa seconda funzione, che vi sia una costanza, una omogeneità nel tempo delle caratteristiche di quel determinato prodotto. Tanto è vero che nel codice di proprietà industriale ci sono una serie di norme che presiedono a questo concetto. Introduce proprio uno statuto di non decettività/ non ingannevolezza. Allora all’art 23 del codice ci dice che in sede di trasferimento del marchio il cedente non deve assumere un comportamento ingannevole. Lo stesso lo ripete in altre norme. Es art 14 si parla in due punti di non ingannevolezza. È nullo il comportamento di chi inganna il consumatore su alcune caratteristiche d’origine in genere del prodotto e se questo contegno diviene decettivo successivamente alla registrazione del marchio, il soggetto decade dall’uso del marchio. Quando si parla delle caratteristiche principali del marchio dobbiamo parlare del principio della relatività della tutela.

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