I nostri Costituenti volendo salvare l’immagine attraverso una edificante dimostrazione di pluralismo elaborarono per le confessioni diverse da quella cattolica, a puri scopi propagandistici, lo strumento delle intese.

L’art. 8 c. 3° della Costituzione, riferendosi alle confessioni diverse dalla cattolica, stabilisce che “i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”.

L’art. 8 c. 3° Cost. è sempre una norma volutamente ambigua ed oscura, che apre tutta una serie di problemi, concernenti:

  1. la natura della situazione riconosciuta;
  2. l’identificazione reale dei soggetti interessati;
  3. la procedura per dare seguito all’iniziativa di intesa.

Data l’eterogeneità delle confessioni religiose, non è chiara la natura giuridica delle intese, se cioè esse debbano essere considerate atti di diritto esterno, oppure debbano essere considerati atti di diritto interno. L’intesa è un diritto, oppure una semplice aspettativa? Secondo alcuni autori, si configurerebbe, in capo ai soggetti confessionali, un vero e proprio “diritto costituzionale di negoziare norme con lo Stato”, nel senso che di fronte a questo diritto vi sarebbe un obbligo del Governo, e non già un suo mero comportamento discrezionale.

Allo stato delle cose, “ove il Governo si rifiutasse di addivenire alle intese… non sarebbe violata alcuna norma costituzionale; il rifiuto, semmai implicherebbe l’eventuale responsabilità politica del Governo di fronte al Parlamento”.

“Si pone il problema se nell’ordinamento italiano tutte le confessioni religiose abbiano diritto a stipulare un’intesa con lo Stato, o se il Governo possa in qualche modo selezionare le richieste adottando criteri valutativi di natura politica, o di altro genere”.

Certo non è pensabile che il Governo sia tenuto ad accedere alle richieste di qualsiasi gruppo confessionale. L’indicazione di qualche criterio oggettivo appare necessaria, per arginare la politicità della scelta fra accoglimento o non accoglimento della richiesta d’intesa, e sarebbe necessario a tal fine un intervento legislativo; possibili criteri oggettivi, nel senso che, fra le tante che possono essere considerate solo come soggetti interni dell’ordinamento statuale ve ne sono alcune che, per il loro assetto stabile e per la solidità del loro impianto, sono passibili di considerazione attraverso lo schermo dell’ordinamento giuridico. Si può pensare perciò che l’accesso alle intese debba essere consentito alle sole confessioni religiose che, oltre ad avere un rilevante numero di appartenenti, risultino “organizzate”, abbiano cioè “assunto un preciso assetto istituzionale”.

E tutt’altro che condivisibile è l’invocazione del criterio della conformità degli istituti e dei comportamenti dei membri della confessione all’ordine pubblico italiano. Può trasparire il rischio che si vada ad un modello di pluralismo attenuato, nel senso di selezionare come soggetti d’intesa non solo e non tanto “poche confessioni di più consolidata tradizione e presenza nel paese”, ma anche e soprattutto confessioni che sostengono valori e stili di vita conformi a quelli che la tradizione cerca di difendere.

Nulla dice la Costituzione circa la procedura per la stipula delle intese. Qualche indicazione specifica riguarda la fase preliminare di valutazione delle richieste di intesa avanzate da parte delle confessioni religiose. Tali richieste vanno inviate alla Presidenza del Consiglio, la quale trasmette, per una istruttoria, alla Direzione Generale Affari dei Culti, presso cui è istituita una commissione formata da docenti universitari e dal Direttore della indicata Direzione Generale.

Se questa fase preliminare si conclude positivamente, inizia la fase della trattativa vera e propria, che è condotta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio da una parte, dai rappresentanti della confessione dall’altra.

Ad ogni modo, al termine della trattativa, il progetto d’intesa viene sottoposto alla delibera di approvazione del Consiglio dei Ministri; intervenuta tale delibera, il capo del Governo firma l’intesa assieme ai rappresentanti della confessione, e il testo dell’intesa stessa viene inviato al Parlamento assieme al necessario disegno di legge per l’approvazione dell’articolato.

Le intese dovrebbero servire a mettere in risalto le esigenze tipiche, peculiari di ciascun gruppo religioso in rapporto alla propria organizzazione, alla specifica concezione della vita e dell’esperienza di fede che varia per ciascuno di essi. In realtà, nelle sei intese finora stipulate si trovano norme-standard, ripetitive, tali cioè che invece di sottolineare differenze evocano problemi similari cui forniscono identiche soluzioni.

 

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