I problemi maggiori derivano dal fatto che, di fronte al diritto alla libera formazione della propria coscienza, esistono altri diritti il cui contenuto consiste proprio nella possibilità “di rivolgersi alle coscienze e di indirizzarle”, per cui occorre trovare un giusto equilibrio, vigilando affinché questi altri diritti non sfocino nell’abuso, che può configurare vere e proprie forme di costrizione oppure di indottrinamento forzato.

Si può convenire che i rischi maggiori di violazione della libertà morale in nome della religione si verifichino a danno dei minori, visto che “l’età giovanile rappresenta l’anello debole della catena esperienziale attraverso la quale si forma la coscienza individuale”.

L’art. 2 Cost. enuncia “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”; fondandosi questa garanzia sul valore di persona essa vale non solo per gli adulti ma anche per i minori. Ma i minori sono persone che devono essere guidate verso la progressiva acquisizione di uno spirito critico, e quindi nel loro caso la libertà morale deve fare i conti da una parte con il “dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli”, dall’altro con i processi educativi dell’ambiente scolastico.

La libera formazione della coscienza del minore in famiglia può essere impedita da un malinteso senso del dovere di educazione dei figli da parte dei genitori. Questi invero, disponendo di un loro patrimonio ideologico, culturale, religioso, possono ritenere che rientri nel loro dovere educativo il compito di trasmetterlo al figlio minore come il più adatto e il più adeguato a lui, sostanzialmente imponendoglielo.

L’art. 14 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 che, dopo aver dichiarato che “gli Stati rispettano il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”, riconosce ai genitori il diritto e il dovere semplicemente “di guidare” il fanciullo “nell’esercizio del summenzionato diritto in maniera che corrisponda allo sviluppo delle sue capacità”.

S’intende che risulta violata la libertà psicologica del minore non solo quando i genitori impongono ai figli determinati valori etico-religiosi, ma anche quando affidano il loro compito educativo ad una scuola che impedisce al minore di valutare criticamente la pluralità dei modelli di vita proponibili.

Il problema è molto delicato, se si pensa che l’art. 9 n. 1 dell’Accordo 1984 stabilisce che la Repubblica italiana “garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione”. Si potrebbe ipotizzare per lo studente la libertà di scelta fra una scuola neutrale ed una ideologicamente orientata; a parte il fatto che questa prospettazione nasconde la realtà di una prassi per cui è sempre stata riconosciuta ai genitori una priorità nella scelta del tipo di istruzione per i figli. Né è possibile che un minore abbia la maturità intellettuale sufficiente per difendere la sua libertà critica di fronte al messaggio monolitico.

Al più, si può tollerare la scelta dello studente a farsi impartire uno specifico messaggio religioso se la scuola ideologicamente orientata rimane estranea all’organizzazione scolastica pubblica.

In linea di principio, problemi di tutela della libertà morale dei soggetti non dovrebbero sorgere di fronte a strutture ed istituzioni statuali, in cui tutti dovrebbero sentirsi egualmente a proprio agio e che perciò dovrebbero attenersi a quell’aspetto della laicità che è il principio di non identificazione con un particolare messaggio religioso.

L’art. 9 n. 2 del nuovo Accordo 1984 stabilisce che “nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento”.

Detta legge infatti dichiara che “gli studenti delle scuole secondarie superiori esercitano personalmente all’atto dell’iscrizione, a richiesta dell’autorità scolastica, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione”. “La domanda di iscrizione a tutte le classi della scuola secondaria superiore degli studenti minori di età, contenente le indicazioni delle scelte di cui ai c. 1°, 2° e 3°, è sottoscritta per ogni anno scolastico da uno dei genitori o da chi esercita la patria potestà, nell’adempimento della loro responsabilità educativa, in base all’art. 147 del codice civile”.

Che accade se i genitori sono in contrasto fra di loro e deve decidere il giudice? Ritiene cioè il giudice che, in mancanza di accordo fra i genitori, il minore debba seguire l’insegnamento della religione cattolica, tenendo conto del “comune sentire in materia della maggioranza della popolazione italiana” e del “particolare riconoscimento dato dalla Repubblica italiana alla cultura religiosa ed al cattolicesimo”.

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