La riservatezza e la libertà di opinione (anche religiosa) del lavoratore sono espressamente tutelate, essendo vietata qualsiasi indagine sulle opinioni religiose dello stesso. Tali indagini sono consentite soltanto nei casi in cui la prestazione dovuta dal lavoratore richieda una consonanza ideologica tra dipendente e datore di lavoro. Un rafforzamento della tutela del lavoratore deriva dall’art. 43 del d.lgs. n. 286 del 1998, il quale considera attività discriminatoria qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole, discriminando i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa o ad una cittadinanza (art. 2 lett. e). In particolare sussiste:

  • discriminazione diretta, quando una persona viene trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga;
  • discriminazione indiretta, quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre, salvo che tale disposizione criterio o passi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

 Vi sono alcune ipotesi nelle quali l’appartenenza confessionale del lavoratore diventa rilevante nel rapporto di lavoro. Quanto al giorno destinato al riposo lavorativo, l’art. 2901 co. 1 c.c. precisa che esso coincide di regola con la domenica, sebbene la Costituzione si limiti a riconoscere ai lavoratori un diritto irrinunciabile al riposo settimanale (art. 36 co. 3). Sembrerebbe quindi che nel nostro paese il riposo settimanale abbia un valore civile più che religioso. Non si può tuttavia negare che il riconoscimento pattizio delle domeniche e delle altre festività religiose come giorni festivi possa esaltare il valore religioso del riposo lavorativo anche nell’ambito dell’ordinamento statale. In conseguenza di questo, quindi, nell’intesa con gli avventisti e con gli israeliti è stato a questi riconosciuto il diritto ad osservare il riposo di sabato.

Il datore di lavoro non ha l’obbligo di disporre un compromesso tra orari e mansioni lavorative al fine di favorire le esigenze religiose dei lavoratori. La tutela di tali esigenze, comunque, non potrebbe porsi in contraddizione con l’interesse dell’impresa, nel senso che le misure atte a favorire la predetta tutela delle esigenze religiose dei lavoratori devono poter essere predisposte dal datore di lavoro senza aggravio per la conduzione commerciale dell’impresa . Le recenti intese, quindi, cercando un’auspicabile contemperamento tra valori tradizionali dominanti e presenze religiose minoritarie, subordinano il rispetto del riposo sabbatico e delle festività religiose di alcune confessioni alla flessibilità dell’organizzazione del lavoro

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