La legge 183 del 2014 aveva previsto, tra i criteri di delega, che la reintegrazione venisse esclusa per i licenziamenti economici e fosse limitata “a specifiche fattispecie” nel caso di licenziamenti disciplinari ingiustificati. Nell’attuazione della delega, la regola generale prevista dal decreto legislativo 23 del 2015 è quella che il difetto di giusta causa o giustificato motivo, sia oggettivo che soggettivo, comporta una tutela esclusivamente indennitaria. Sono fatti, quindi, salvi gli effetti del licenziamento, in quanto il giudice dichiara che il rapporto di lavoro è estinto alla data in cui il licenziamento è stato intimato.

L’indennità spettante al lavoratore non è assoggettata a contribuzione previdenziale ed è determinata in relazione alla anzianità di servizio maturata, così da eliminare qualsiasi discrezionalità nella sua quantificazione. Per la precisione, tale indennità è determinata in misura pari a due mensilità della ultima retribuzione per ogni anno di servizio, con un importo minimo pari a 4 mensilità e un importo massimo fissato in 24 mensilità.

Ne deriva che l’importo dell’indennità aumenta sino al raggiungimento del dodicesimo anno di servizio, superato il quale la prosecuzione del rapporto di lavoro non genera più “tutele crescenti”. Nel caso di successione di imprese diverse nell’esecuzione di appalti, l’anzianità di servizio si calcola tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata, sommando i periodi di lavoro svolti alle dipendenze delle diverse imprese appaltatrici.

Inoltre, la misura dell’indennità è riproporzionata in relazione alle frazioni di anzianità di servizio, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. È stato sostenuto che i criteri di calcolo della tutela indennitaria individuati dal decreto legislativo non rispecchino pienamente il criterio della relazione con la “anzianità di servizio” stabilito dalla legge delega. Le scelte del legislatore sembrano collocarsi nell’ambito del legittimo esercizio della sfera di discrezionalità consentita dai principi e dai criteri direttivi della legge delega.

Sul piano dell’opportunità, pur mantenendo fermi gli importi minimi e massimi stabiliti, sarebbe stata forse preferibile una graduazione meno concentrata nel tempo, ma non si può ritenere che il criterio della “relazione all’anzianità di servizio” vincolasse il legislatore delegato a stabilire una proporzione aritmetica tra ammontare della indennità e ogni singolo anno di servizio. Allo stesso modo, per quanto riguarda la misura della tutela indennitaria, l’esercizio della discrezionalità del legislatore non sembra in contrasto neppure con gli articoli 3 e 35 della Costituzione, anche in considerazione del fatto che quella misura è stata determinata tenendo conto della finalità di promozione dell’occupazione mediante una riduzione della rigidità del sistema sanzionatorio.

 

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