La rappresentanza è un istituto giuridico (artt.1387 ss) che assume precisi significati e produce determinati effetti. In Italia, storicamente, sorge prima la rappresentanza sindacale, intesa come potere del sindacato di compiere atti in nome e per conto degli associati.

La rappresentanza sindacale, a seconda degli ordinamenti e dei tempi, è stata ricondotta nello schema della rappresentanza volontaria (coerentemente con il principio di libertà sindacale enunciato dall’art.39 Cost) o nello schema della rappresentanza istituzionale (nel periodo corporativo).

Inoltre, la rappresentanza sindacale si distingue da quella civilistica perché il sindacato non agisce a tutela degli interessi dei propri iscritti, ma nell’interesse collettivo di cui è portatore direttamente, sulla base del riconoscimento costituzionale della libertà sindacale, interesse che supera e trascende gli interessi dei singoli associati.

La rappresentatività è una nozione socio-politica che esprime un giudizio di valore volto ad indicare l’idoneità del sindacato ad aggregare consenso o a rappresentare (in senso atecnico) gli interessi di collettività di lavoratori.

L’espressione “organizzazioni sindacali più rappresentative” compare per la prima volta nel Trattato di Versailles. E la Corte di giustizia chiarì, in un parere del 1922, che dovevano considerarsi organizzazioni più rappresentative quelle che rappresentano al meglio gli imprenditori ed i lavoratori. Tale valutazione doveva tener presente diversi fattori, e non soltanto il numero degli aderenti, che tuttavia era determinante.

Ai fini della stipulazione dei contratti collettivi con efficacia erga omnes, delineati dall’art.39 comma 4 Cost, la rappresentatività del sindacato è misurata dal numero degli iscritti, e ciascun sindacato ha un potere contrattuale proporzionato alla propria consistenza associativa. Si tratta in questo caso di una rappresentatività effettiva e misurabile, e serve ad indentificare l’agente negoziale legittimato a stipulare contratti con efficacia generale. Ad ogni modo, come abbiamo già detto più volte, il comma 4 dell’art.39 Cost. non ha ancora trovato attuazione.

Una nozione ancora diversa è presa in considerazione dall’art.19 dello Statuto dei Lavoratori, ai fini della costituzione delle r.s.a.

 

Rappresentatività nell’art.19 dello Statuto dei lavoratori

L’art. 19 dello Statuto, nella versione originaria, per individuare i soggetti ai quali è consentito svolgere attività sindacale all’interno dell’unità produttiva utilizzava come criterio selettivo non la rappresentatività effettiva e misurabile, ma una maggiore rappresentatività presunta.

Il testo originario prevedeva che le r.s.a. fossero costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito:

  1. delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale
  2. delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che fossero firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva

Si nota facilmente che la norma non prevedeva criteri di misurazione della maggiore rappresentatività, e conseguentemente riconosceva in via presuntiva la maggiore rappresentatività alle associazioni sindacali solo per il fatto di appartenere a sindacati confederali (in particolare Cgil, Cisl e Uil) anche qualora non avessero in azienda un elevato numero di iscritti.

In base al vecchio testo dell’art.19, la giurisprudenza aveva allora elaborato alcuni indici da cui dedurre la maggiore rappresentatività:

-intercategorialità (presenza in diverse categorie merceologiche)

– pluricategorialità (rappresentanza di più categorie professionali)

-nazionalità (cioè estensione geografica sul territorio nazionale)

-numero dei lavoratori iscritti

-capacità di mobilitazione dei lavoratori agli scioperi

Un referendum del 1995, in riferimento all’art.19, ha abrogato:

-l’intera lettera a)

-l’inciso “non affiliate alle predette confederazioni”

-l’inciso “nazionali e provinciali”

All’esito del referendum del 1995 l’unico indice di riconoscimento della rappresentatività è la stipulazione del contratto collettivo applicato nell’unità produttiva. L’attuale formulazione allora ricomprende sicuramente il contratto nazionale, ogni forma di contratto territoriale, il contratto aziendale, nonché gli accordi interconfederali che regolano un istituto. Il richiamo all’unità produttiva consente di ricomprendere anche quei contratti collettivi stipulati per il singolo reparto, linea, filiale od ufficio, e non quindi per l’azienda nel suo complesso.

La costituzione di una r.s.a. non può essere l’oggetto di un accordo sindacale ad hoc ma è l’effetto della stipula di un contratto collettivo di lavoro applicato all’unità produttiva. Quindi, le parti, neppure di comune accordo possono indicare ai fini della costituzione delle r.s.a. un soggetto diverso da quello che ha sottoscritto il contratto collettivo.

 

Interventi della Corte Costituzionali sull’art.19 dello Statuto dei Lavoratori

La nuova formulazione, in definitiva, stabilisce che le r.s.a. “possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito delle associazioni sindacali che sono firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva”.

Il nuovo testo della norma è stato più volte sottoposto al vaglio di costituzionalità. Alcuni infatti ritenevano che la rappresentatività non sarebbe individuata da criteri stabiliti dalla legge, ma dalla stipula del contratto collettivo e quindi, in ultima analisi, dal potere dell’imprenditore. In altre parole, il datore di lavoro, stipulando il contratto collettivo con un sindacato anziché con un altro, finirebbe per impedire a quello escluso di costituire la rappresentanza sindacale.

La Corte costituzionale ritenne nel 1996 perfettamente ragionevole il criterio individuato dal legislatore nella sottoscrizione del contratto collettivo applicato, purché l’organizzazione sindacale avesse effettivamente partecipato alle trattative e non si fosse limitata a sottoscrivere per adesione. L’elemento della sottoscrizione, infatti, era considerato indicativo della capacità del sindacato di imporsi come controparte contrattuale.

La Corte Costituzionale ha affrontato nuovamente la questione con la sentenza 231/2013. Si tratta di una sentenza manipolativa additiva, in quanto si offre una interpretazione estensiva del termine “associazioni sindacali firmatarie”: è infatti legittimato a costituire r.s.a. non soltanto il sindacato che sottoscriva il contratto collettivo, ma anche quello che abbia partecipato attivamente alle trattative senza firmarlo.

La Corte, con questa sentenza, tiene conto del contesto esterno, mutato rispetto al 1996, quando invece vi erano relazioni sindacali contrassegnate da un contesto di unità nazionale sindacale, che oggi invece non si riscontra.

Va osservato, tuttavia, che la Corte non indica in modo chiaro ed incontrovertibile cosa debba intendersi per “partecipazione alla negoziazione”. L’art.1337 c.c. si limita a stabilire che le parti, nello svolgimento delle trattative, devono comportarsi secondo buona fede, e quindi nulla ci dice circa il significato della suddetta espressione.

 

Rappresentatività nel Testo Unico del 2014

Nel Testo Unico del 2014 viene introdotta una soglia numerica di misurazione della rappresentatività ai fini della legittimazione alla contrattazione nazionale. E’ necessario ottenere il 5 % come media tra dato associativo (cioè le iscrizioni alla associazione) e dato elettorale (consensi ottenuti alle elezioni delle r.s.u.). Il Testo Unico delinea le varie fasi del procedimento di contrattazione e chiarisce le condizioni che consentono ad un sindacato di poter essere considerato partecipante alle trattative.

Si considerano partecipanti alle trattative le associazioni che evidenziano tre requisiti:

  • raggiungano la soglia di rappresentatività del 5 %
  • contribuiscano alla definizione della piattaforma contrattuale
  • partecipino alla delegazione trattante

Ad ogni modo, il Testo Unico non ha avuto ancora alcuna attuazione, tanto da far dubitare della reale volontà delle parti sociali di sottoporre ad una misurazione oggettiva la propria rappresentatività, e da lasciare aperto il dibattito sulla necessità di una legge sindacale.

 

Rappresentatività datoriale

Il sindacato comparativamente più rappresentativo

Il Testo Unico non affronta lo speculare problema della rappresentatività datoriale. La moltiplicazione di associazioni datoriali ha comportato una proliferazione di contratti collettivi tra soggetti diversi ma che insistono sulla medesima area contrattuale. Pertanto, sia le parti sociali sia il legislatore hanno iniziato ad affrontare il problema della misurazione della rappresentatività datoriale ai fini della legittimazione alla contrattazione.

Una proposta di legge del 2018, la cui approvazione è tutt’altro che certa, prevede i seguenti criteri di misurazione della rappresentatività datoriale:

  • numero di imprese associate
  • personale impiegato presso le imprese
  • diffusione territoriale delle imprese

Degna di menzione è infine la formula del “sindacato comparativamente più rappresentativo”. Essa impone di selezionare i sindacati più rappresentativi attraverso una comparazione tra un sindacato nazionale di categoria e l’altro, e di misurare la rappresentatività di ciascun sindacato utilizzando un criterio quantitativo.

Non è chiaro però quali siano i parametri di questo criterio quantitativo e numerico: solo gli iscritti o, come sembra più probabile, i votanti? Sono interrogativi ai quali può dare una risposta soltanto il legislatore con un provvedimento di regolamentazione della rappresentanza sindacale.

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