Per un certo tempo, all’inizio degli anni ’60, la giurisprudenza è parsa ancora propensa a ritenere l’inderogabilità “in peius” del contratto di categoria in forza di motivazioni diverse; sul finire degli anni settanta il panorama giurisprudenziale è però divenuto assai meno univoco e decifrabile.

Agli inizi degli anni ottanta è andato prendendo piede un orientamento, tutt’affatto diverso, incline ad attribuire comunque prevalenza alla disciplina (anche meno favorevole) posteriore nel tempo. La giurisprudenza ha ritenuto di poter trasferire sul piano del rapporto tra contratto di categoria e contratto aziendale il principio, costantemente utilizzato sul piano del rapporto tra contratti corporativi e contratti collettivi di diritto comune nonché tra contratti collettivi di diritto comune dello stesso livello, secondo cui quando ad una regolamentazione di carattere generale ne segue un’altra di carattere parimenti generale, la seconda si sostituisce alla prima integralmente. E’ divenuta così ricorrente la tesi per cui: un contratto aziendale di lavoro può derogare anche in peius al trattamento previsto per i lavoratori da un precedente contratto collettivo, e che reciprocamente, le clausole di un contratto aziendale possono essere derogate da clausole meno favorevoli per i lavoratori, contenute in contratti collettivi successivi, sia aziendali che di categoria. La prevalenza del contratto posteriore nel tempo esprime l’assenza, nell’ordinamento, di un criterio affidabile per la soluzione dei conflitti di disciplina tra contratti collettivi di diverso livello.

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