L’introduzione di una causa di intervento straordinario della CIG collegata ad una procedura concorsuale, nel corso della quale non sia stata disposta la continuazione provvisoria dell’attività, non esclude la possibilità del ricorso a licenziamenti per riduzione di personale ai sensi degli artt. 4 e 24, L. n. 223 del 1991.

L’apertura della procedura concorsuale di per sé non costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento, né i presupposti per il collocamento in mobilità o per il licenziamento collettivo per riduzione di personale. E’ sempre necessario che sussistano i requisiti causali che legittimano il ricorso al licenziamento individuale o alle altre due ipotesi di riduzione di personale.

L’art.3, co.3°, L. n. 223 del 1991 prevede che, allorché non sia possibile la continuazione dell’attività anche attraverso la cessione dell’azienda o di sue parti, ovvero quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo in parte, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità i lavoratori ai sensi dell’art. 4 della L. n. 223 del 1991 se sia stato concesso l’intervento straordinario della CIG, oppure di licenziare collettivamente ai sensi dell’art. 24 della stessa legge.

Nell’ipotesi in cui sia stata disposta la continuazione dell’attività, essi si trovano ad operare come un qualunque imprenditore e hanno facoltà di decidere l’immediato ricorso ai licenziamenti collettivi ex art. 24, ovvero di richiedere l’intervento della CIGS per ristrutturazione, riorganizzazione e conversione, se l’azienda è soggetto al campo di applicazione di essa.

Qualora, invece, non sia stata disposta, o sia cessata la continuazione dell’attività, essi possono egualmente decidere l’immediato ricorso al licenziamento collettivo ovvero richiedere lo specifico intervento della CIGS per procedura concorsuale, nel cui ambito attivare ancora la procedura di mobilità.

La legge riconosce le peculiarità della situazione di crisi in cui versa l’impresa sottoposta a procedura concorsuale, prevedendo oltre ad una riduzione del termine per l’espletamento della consultazione sindacale, l’esonero dal contributo dovuto per il collocamento in mobilità.

Nel corso della procedura concorsuale, si può giungere al trasferimento dell’azienda: di cui all’art. 2112 c.c. e all’art. 47, L. 29 dicembre 1990, n. 428, in base al quale il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il trasferimento d’azienda non costituisce motivo legittimo di licenziamento. Resta ferma la possibilità per l’ alienante (cioè gli organi della procedura) nonché, dopo la cessione, dell’acquirente, di procedere ad eventuali licenziamenti secondo la disciplina generale, sul presupposto della ricorrenza dei presupposti causali previsti dalla legge.

Il licenziamento collettivo effettuato dai datori di lavoro privati non imprenditori.

Abbiamo già accennato alla condanna, da parte della Corte di giustizia, dell’Italia per aver escluso i datori di lavoro non imprenditori dalla disciplina dettata dalla legge 223 del 1991. Dal 2004, quindi, anche questi sono inclusi nel campo di applicazione della tutela contro i licenziamenti collettivi, alle medesime condizioni previste dall’art. 24, 1° c. della L.223 (relativo al fondamento giustificativo, requisiti temporale, dimensionale e spaziale) ad esclusione delle norme relative al contributo di mobilità. Ciò perché i datori di lavoro privati non imprenditori non rientrano nel campo di applicazione della normativa in materia di CIGS e quindi i loro dipendenti licenziati collettivamente non sono destinati a godere l’indennità di mobilità, avendo solo titolo all’iscrizione nella lista di mobilità.

Le sanzioni per essi sono le stesse degli imprenditori. Se però essi svolgono attività di natura politica, sindacale e culturale, senza scopo di lucro, è stata adottata una soluzione diversa. E’ esclusa la tutela reale, in caso di inefficacia o annullabilità del licenziamento, mentre è applicata quella obbligatoria.

 

La residua area di operatività della disciplina interconfederale del 1965

Ci si chiede se gli accordi interfederali del 1965 sopravvivano alla disciplina dei licenziamenti collettivi.

Gli accordi interconfederali applicabili alle imprese con più di 10 dipendenti, sembrano assicurare una tutela di tipo procedurale nei casi di licenziamenti derivanti da “riduzione o trasformazione di attività o di lavoro”, collettivi sul piano sindacali ma individuali dal punto di vista legale e non configurabili come collocamento in mobilità ai sensi dell’art. 4.

Sui licenziamenti individuali, spetta alla giurisprudenza determinare le conseguenze da connettere al mancato rispetto delle procedure di consultazione sindacale con ricorrenza di una ipotesi d’inefficacia del licenziamento.

 

Gli interventi di carattere transitorio ed eccezionale in materia di mobilità. I prepensionamenti e la cosiddetta mobilità lunga

Al pari della disciplina della CIGS anche quelli in materia di iscrizione nelle liste di mobilità e di corresponsione della relativa indennità ha conosciuto una lunga serie d’integrazioni in senso estensivo o di proroga nel tempo.

Si è trattato di interventi destinati a lavoratori anziani, di difficile ricollocazione nel mercato del lavoro, che attraverso il prolungamento del diritto a percepire l’indennità (cosiddetta mobilità lunga) sono stati “accompagnati” fino al compimento dell’età pensionabile.

Tra questi provvedimenti va sottolineata la mobilità lunga, la quale ha svolto in realtà la funzione di surrogato dei cosiddetti prepensionamenti. La mobilità lunga ha consentito l’impiego di questi lavoratori nei lavori socialmente utili e ne ha ritardato il passaggio a carico del sistema previdenziale.

 

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento