L’inabile invece ha diritto ad una pensione di inabilità, a condizione che cessi del tutto l’attività lavorativa e che si abbia la cancellazione da qualsiasi elenco o albo professionale.

Peraltro la pensione di inabilità è incompatibile con i compensi per attività di lavoro autonomo e subordinato, ed è cumulabile con l’eventuale rendita da infortunio sul lavoro o malattia professionale.

È stato esteso il divieto di cumulo tra prestazioni previdenziali.

La pensione di inabilità è costituita da una somma è pari all’importo dell’assegno di invalidità integrato da una maggiorazione di un importo tale da elevare l’ammontare dell’assegno stesso alla misura che sarebbe spettata ove l’inabilità si fosse verificata al raggiungimento dell’età pensionabile. Sono salvi invece i trattamenti minimi.

Ma la disciplina dettata per la maggiorazione dell’assegno di invalidità suscita dubbi di legittimità costituzionale, a ragione delle ingiustificate disparità di trattamento che ne possono derivare.

La pensione di inabilità non poteva essere liquidata a quei lavoratori che avessero presentato domanda dopo aver raggiunto l’età pensionabile. Questa disposizione è stata sospettata di illegittimità costituzionale per contrasto con art 3 e 38 cost. La corte cost. ha ritenuto infatti fondati questi sospetti e ha dichiarato l’illegittimità cost. dell’art 3 L. 222 / 84. Mentre ha ritenuto legittima l’art 2 sempre di tale legge che non consentiva il conseguimento della pensione di inabilità a coloro che siano titolari i pensione di invalidità, pur essendo affetti da inabilità assoluta.

 

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