L’intervento finanziario dello Stato alla gestione degli enti previdenziali ha raggiunto attualmente una intensità notevole, ma corrisponde anche a scopi sostanzialmente diversi.

Lo Stato, non si limita più a favorire, stimolare e incoraggiare l’attività ai soggetti interessati, ma in attuazione dell’art. 3, 2 comma e dell’art. 38, 4 comma cost., interviene per rendere effettivo il diritto dei soggetti protetti alle prestazioni previdenziali.

L’intervento finanze dello stato è stato determinato dalla necessità di provvedere ad esigenze contingenti.

Successivamente, con l’intervento è stato previsto per la realizzazione della tutela previdenziale dei lavoratori autonomi.

Per i lavoratori subordinati, invece, l’intervento finanze dello stato consente di realizzare un miglioramento della tutela o per coprire il deficit degli istituti previdenziali.

Qualunque sia la natura giuridica del contributo previdenziale imposte singoli, il contributo dello stato non può assumere la stessa qualificazione. Se si tratta di tributi, lo Stato non paga tributi.

Il contributo finanziario dello Stato non può trovare il suo fondamento nella conseguenza che ne deriva e cioè nel minor onere che esso incontra nella realizzazione dell’assistenza sociale.

Dovrebbe ritenersi l’intervento finanze dello Stato alla realizzazione della tutela previdenziale avvenga in esecuzione di un preciso dovere imposto dalla costituzione. Lo Stato è tenuto a realizzare quella tutela intervenendo direttamente e a finanziare gli enti previdenziali.

Tant’è che tali enti non solo sono finanziati, ma sono anche stati ammessi al cosiddetto “tiraggio di tesoreria” onde lo stato soddisfa direttamente anche alle loro esigenze di cassa mentre sono tenuti a versare alla tesoreria dello stato le somme riscosse a titolo di contributi previdenziali.

 

La gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali

L’esigenza di consentire all’INPS il recupero degli importi di contributi dei quali era creditore per legge nei confronti dello stato è che questi non aveva versato, aveva indotto alla istituzione, nell’ambito dell’istituto, di una gestione autonoma denominata fondo sociale ( legge n. 903 del 1965).

A detta gestione era stata la prima attribuita la competenza ad irrogare la quota parte di ciascuna mensilità di persone; successivamente viene attribuito al fondo anche il compito di erogare la pensione sociale ai cittadini ultra sessantacinquenni in disagiate condizioni economiche, attualmente nominato ” assegno sociale”.

Quella gestione consentì l’avvio di una importante forma di solidarietà.

L’art. 40 della legge n. 88 del 1989 ha soppresso, a decorrere dal 1° gennaio 1989, il fondo sociale e lo ha istituito, sempre nell’ambito dell’INPS, la gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali.

A questa gestione fanno carico non solo le erogazioni delle prestazioni già affidate al soppresso fondo sociale, ma anche l’integrazione dell’assegno ordinario di invalidità, gli collettività verso chi si trova in condizione di bisogno; gli oneri derivanti dalle agevolazioni contributive disposte per legge e quelli dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria e dei trattamenti speciali di disoccupazione; gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati, le pensioni delle gestioni dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni avente decorrenza anteriore al 1° gennaio 1989.

La gestione è finanziata dallo stato attraverso il trasferimento delle somme stanziate dalle leggi finanziarie.

Quella gestione, unitamente a quella del servizio sanitario sociale e quella del servizio integrato di interventi e servizi sociali appare significativa della realizzazione dell’idea di sicurezza sociale.

L’onere del finanziamento delle misure a favore dei lavoratori stranieri è accollato al fondo nazionale per le politiche migratorie.

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