Attività d’impresa e limiti. L’attività imprenditoriale trova il suo fondamento nell’art. 41 cost. Tale articolo riconosce la libertà d’iniziativa economica, al comma secondo si precisa che la stessa non può svolgersi in contrasto con la libertà, la dignità e la sicu­rezza umana e al comma terzo si affida alla legge il compito di determinare programmi e controlli per il coordinamento dell’attività economica, pub­blica e privata, a fini sociali.

L’iniziativa è pienamente libera ma una volta che l’attività economica sia stata ini­ziata, la stessa è assoggettata ai limiti generali dell’utilità sociale e della li­bertà, dignità e sicurezza umane. Infine, la legge detta i programmi ed i controlli per la funzionalizzazione dell’attività economica pubblica e pri­vata ai fini sociali, primariamente quelli dell’ occupazione,

Espropriazione delle imprese ed autogestione. La limitazione alle im­prese assume la maggiore rilevanza per quelle che agiscono in regime di monopolio o di oligopolio, che producono fonti di energia o si riferisco­no a servizi pubblici essenziali, le quali potrebbero essere espropriate e date in gestione ad enti pubblici; è accaduto per l’industria elettrica affida­ta all’Enel, poi trasformato in società per azioni, oppure a comunità di u­tenti o di lavoratori. Questa ultima eventualità, che darebbe luogo a forme di autogestione, non si è mai verificata.

La politica occupazionale come fondamentale finalità sociale: art. 4 cost.. L’aumento dei livelli occupazionali trova il suo fondamento nell’art. 4 co. 1 cost., che riconosce il diritto al lavoro, affidando alla repubblica il compito di renderlo effettivo. Si tratta, quindi, di un diritto non perfetto, che in quanto tale non può essere fatto valere, in sede giudiziaria, nei con­fronti di un ipotetico datore pubblico o privato.

Istruzione e formazione professionale. Collegato con il diritto al lavo­ro sono il diritto all’istruzione (art. 34 cost.) ed il diritto alla formazione professionale (art. 35 co. 2 cost.), che consentono di conseguire quella professionalità necessaria per essere adeguatamente collocati sul mercato del lavoro.

Il dovere di lavorare. L’art. 4 fa riferimento, oltre che al diritto, al do­vere di lavorare per contribuire al progresso materiale e spirituale della società. A garanzia di tale dovere non potrebbero essere impo­ste sanzioni penali in contrasto con il diritto al lavoro, che significa anche libertà di lavorare, con preclusione di qualsiasi forma di lavoro coatto. Sarebbero forse ammissibili sanzioni che influiscano sulla dignità so­ciale, con la negazione dell’esercizio di alcune prerogative pubbliche del cittadino, come l’elettorato attivo e passivo. Anche queste sanzioni do­vrebbero escludersi nel caso in cui il rifiuto di lavorare sia determinato da ragioni ideologiche, come l’obiezione di coscienza.

Lascia un commento