Le direttive, di base, sono adottate dal Consiglio europeo su proposta della Commissione europea e previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni.

Nell’accordo di Maastricht, tuttavia, è stata introdotta l’importante novità dell’istituzionalizzazione del ruolo delle associazioni sindacali europee nel processo di adozione delle direttive (una sorta di <<concertazione europea>>). Prima di procedere all’emanazione di direttive da parte del Consiglio, quindi, debbono essere consultate le parti sociali a livello europeo, che possono stipulare un accordo collettivo sulla materia oggetto della possibile direttiva (art. 138). L’accordo concluso a livello comunitario, a sua volta, potrà rimanere un contratto collettivo oppure potrà essere versato in una direttiva formale (art. 139). Attraverso l’utilizzo di tale procedura, si cerca di colmare, almeno in parte, il tradizionale <<deficit democratico>> europeo.

Sebbene la direttiva continui a non essere considerata efficace nei rapporti fra privati, si è tuttavia ammesso che essa abbia un’efficacia <<verticale>> nel rapporto fra cittadini e rispettivo Stato, a condizione, però, che le prescrizioni della direttiva siano chiare, precise e incondizionate. Tale efficacia verticale, comunque, non riguarda quasi mai le questioni lavoristiche, che si svolgono sul piano del rapporto privatistico lavoratore-datore di lavoro. Se una norma lavoristica interna non è ritenuta conforme ad una direttiva, quindi, gli unici rimedi consistono:

  • nella sollecitazione di una condanna dello Stato dinanzi alla Corte di Giustizia.
  • nell’attivazione di un procedimento incidentale dinanzi alla Corte di Giustizia.

Il percorso normale, ovviamente, è che una direttiva sia recepita dallo Stato nazionale, entro il termine previsto, attraverso una legge che, in linea di massima, rimane sovrana della scelta dei mezzi per perseguire i fini indicati dalla direttiva. Il nesso fra la direttiva di provenienza e la legge attuativa, comunque, rimane rilevante anche in sede di interpretazione della normativa interna: il giudice nazionale, infatti, tra le possibili interpretazioni della legge attuativa, deve privilegiare quella più conforme alla direttiva.

Con riferimento alla procedura di recezione, l’accordo di Maastricht ha introdotto un’importante novità, prevedendo la possibilità che uno Stato membro affidi alle parti sociali il potere di recepire una direttiva tramite un contratto collettivo. Nel nostro ordinamento, tuttavia, questa tecnica di recezione non ha potuto essere utilizzata, dal momento che, come vedremo, il contratto collettivo italiano non ha l’efficacia erga omnes richiesta dal Trattato.

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