Il lavoratore ha diritto, oltre ad un periodo di riposo giornaliero (pari ad almeno 11 ore consecutive), a periodi di riposo settimanale e annuale, entrambi previsti dall’articolo 36, comma 3, della Costituzione, che espressamente ne stabilisce la irrinunziabilità. Per quanto riguarda il riposo settimanale, la legge regola la durata e la periodicità stabilendo che il lavoratore ha diritto “ogni sette giorni ad un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive”, che non è sovrapponibile ai periodi di riposo giornaliero.

Tale periodo di riposo minimo “è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”, cosicché al termine di 6 giorni di lavoro il riposo settimanale può “slittare”. In questo ultimo caso, entro la fine della settimana seguente, il lavoratore dovrà fruire di almeno due periodo di riposo consecutivo di 24 ore. Sono, peraltro, ammesse ampie deroghe. In particolare, ai contratti collettivi è consentito stabilire previsioni diverse, “a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo”, o, nei “casi eccezionali” in cui ciò non sia possibile, “sia accordata una protezione appropriata”.

Inoltre, è previsto che il riposo settimanale coincida, “di regola”, con la domenica. Il riposo settimanale può essere fissato in un giorno diverso, a “rotazione” tra il personale interessato, nel caso di lavoratori addetti “a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare” o addetti ad attività che non consentano la sospensione del lavoro nella giornata domenicale. Per quanto riguarda il riposo annuale, esso è costituito dalle “ferie”, che devono essere “retribuite” e non possono avere durata inferiore a 4 settimane.

La legge non stabilisce il periodo in cui le ferie devono essere godute, rimettendone la determinazione all’imprenditore, il quale a tal fine deve tenere conto sia della “esigenza dell’impresa” che “degli interessi del prestatore di lavoro”. Nell’ipotesi in cui non sia possibile realizzare un contemperamento tra esigenze dell’impresa e interessi del lavoratore, prevalgono le prime. Il potere del datore di lavoro di stabilire il periodo di fruizione delle ferie è, però, sottoposto a limiti ulteriori. Anzitutto, per consentire che le ferie realizzino effettivamente la funzione tipica di reintegrazione delle energie psico-fisiche, esse devono essere godute in modo “possibilmente continuativo”.

Inoltre, salva diversa previsione dei contratti collettivi, “almeno due settimane” devono essere godute entro la fine dell’anno in cui le ferie stesse sono state maturate e il datore di lavoro è obbligato ad accogliere l’eventuale richiesta del lavoratore di fruirne in modo non frazionato. Le restanti due settimane devono, comunque, essere godute “nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”. Infine, il datore di lavoro non può imporre la fruizione delle ferie né durante il decorso del preavviso di licenziamento, né, tantomeno, durante i periodi nei quali il rapporto di lavoro è già sospeso per effetto di altre cause legali. Nel caso in cui durante il periodo di ferie si verifichi una malattia tale da comprometterne la finalità di riposo e di svago, il decorso delle ferie è sospeso.

Così come il lavoratore non può rinunziare al diritto delle ferie, non è consentito neppure che tale diritto venga sostituito con un mero equivalente economico, che in passato era solitamente previsto dai contratti collettivi con la denominazione di “indennità per ferie non godute”. Al fine di sollecitare e rendere effettivo il godimento delle ferie, l’erogazione di tale indennità è ora vietata nel corso del rapporto di lavoro, ed è consentita eccezionalmente solo quando, alla cessazione del rapporto stesso, residuino giorni di ferie maturate e ancora non fruite.

Il principio di irrinunciabilità delle ferie e dei riposi riguarda la durata minima prevista dalla legge. Pertanto, i giorni di riposo o di ferie maturati per effetto di trattamenti più favorevoli (rispetto al minimo legale) possono essere ceduti dai lavoratori a loro colleghi che abbiano necessità di assistere figli minori per particolari condizioni di salute, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dalla contrattazione collettiva. Da ultimo, vanno ricordate le altre ricorrenze festive, diverse dalla domenica. Durante tali festività, ove il lavoratore svolga la sua attività, ha diritto ad una retribuzione aggiuntiva.

La riduzione dell’orario di lavoro può soddisfare esigenze di difesa dell’occupazione, ovvero perseguire l’obiettivo di incrementarla. La legge, in particolare, attribuisce ai contratti collettivi aziendali il potere di stabilire una riduzione dell’orario di lavoro, sia “al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale”, sia “al fine di incrementare gli organici”. Nel primo caso, la stipulazione del contratto collettivo, detto di “solidarietà” costituisce una delle causali previste dalla legge per l’intervento delle integrazioni salariali, che hanno lo scopo di integrare il reddito dei lavoratori a fronte della riduzione della retribuzione determinata dalla riduzione dell’orario di lavoro.

Nel secondo caso, invece, al fine di incentivare la sottoscrizione dei contratti collettivi, detti di “solidarietà espansiva”, ai datori di lavoro è concesso, per ogni nuovo lavoratore assunto e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo a carico dell’INPS pari al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile per i primi 12 mesi, ridotto poi, rispettivamente, al 10% e al 5% per i due anni successivi. Se il nuovo lavoratore assunto è di età compresa tra i 15 e i 29 anni, per i primi tre anni e comunque non oltre il compimento del 29esimo anno di età, il contributo a carico dell’INPS è sostituito da una riduzione della contribuzione posta a carico del datore di lavoro, equiparata a quella prevista per gli apprendisti.

I contratti collettivi di solidarietà espansiva devono essere depositati presso la direzione territoriale del lavoro per consentire di verificare la corrispondenza tra la riduzione concordata dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate. In assenza di tale previa verifica, le agevolazioni contributive non sono concesse; esse, inoltre, sono sospese dalla stessa direzioni territoriale del lavoro nei casi in cui sia accertata la non corretta applicazione.

 

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