Riposo settimanale o domenicale.
I vari riposi previsti dalla normativa lavoristica e, a priori, dall’art. 36 Cost., rappresentando limiti inderogabili all’estensione temporale della prestazione lavorativa, configurano un diritto inderogabile, posto a tutela della salute fisica e psichica del prestatore di lavoro.
L’art. 9 co. 1 della d.lgs. n. 66 del 2003 dispone che il lavoratore ha diritto settimanalmente ad un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive (domenica), da cumulare con le ore di riposo giornaliero previste dall’art. 7 (undici ore ogni ventiquattro ore). In caso di lesione del diritto al riposo, il lavoratore è abilitato a richiedere il risarcimento dei danni patiti.
 Un’altra questione è quella della coincidenza o meno del riposo settimanale con la domenica. Nel dibattito che ha caratterizzato l’ultima fase di messa a punto del decreto, era stata ventilata l’abolizione di questa regola, tuttavia, le radici cristiane europee hanno avuto la meglio e il principio per cui il riposo settimanale deve coincidere di regola con la domenica è stato ribadito dall’art. 9 co. 1, il quale, comunque, ha previsto numerose eccezioni (co. 2).
L’art. 9 non fa alcun riferimento al trattamento retributivo, tuttavia si ritiene ancora attuale l’orientamento giurisprudenziale acrobatico dell’art. 36 Cost. secondo il quale il lavoro domenicale, essendo socialmente più penoso, deve essere maggiormente retribuito.
Ferie
L’art. 10 del d.lgs. n. 66 del 2003 disciplina le ferie annuali. Il primo elemento di novità recato dalla normativa in questione è nella quantificazione del diritto alle ferie: l’art. 10 co. 1, infatti, dispone che il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane (compresi anche i giorni non lavorativi).
A tale riguardo, comunque, occorre sottolineare che la Corte costituzionale, nella sent. n. 616 del 1987 ha stabilito il principio per cui la malattia sopravvenuta durante le ferie ne sospende il decorso. Perché si produca tale effetto sospensivo, tuttavia, occorre che il lavoratore sia stato affetto da una malattia tale da impedire in modo apprezzabile la fruizione delle ferie (malattia di almeno tre giorni). Al di là delle difficoltà applicative, il principio affermato dalla Corte ha rafforzato l’effettività del diritto alle ferie, inteso come diritto irrinunciabile della persona a disporre di una certa dotazione di tempo libero dal lavoro.
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La collocazione temporale del periodo di ferie, in base all’art. 2109 co. 2, spetta al datore di lavoro, tenuto conto degli interessi del lavoratore. Tale periodo, comunque, deve essere goduto:
- per almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione.
- per le restanti due settimane nei diciotto mesi successivi al termine di detto anno.
Durante le ferie spetta la normale retribuzione: di regola il trattamento economico feriale è limitato alla retribuzione base ed alle voci più ricorrenti, ferme restando le determinazioni dei contratti collettivi in ordine alla delimitazione della nozione di retribuzione spettante nel caso di ferie.
L’art. 10 co. 2 del d.lgs. n. 66, inoltre, dispone che il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. In tale articolo, in particolare, per la prima volta è stato solennizzato il principio costituzionale (art. 36 co. 3) della fruizione reale del diritto alle ferie.