Non deve essere confuso né con la trasferta, né con il trasferimento, il “distacco”, o “comando”, che si ha “quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”. Il distacco è legittimo a condizione che: a) sia disposto per soddisfare un interesse del datore di lavoro distaccante; b) sia temporaneo; c) avvenga per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa.

Per quanto riguarda l’interesse del datore di lavoro, si deve trattare di un interesse giuridicamente lecito, ossia funzionale al risultato produttivo perseguito dal datore di lavoro, si deve trattare di un interesse giuridicamente lecito, ossia funzionale al risultato produttivo perseguito dal datore di lavoro. Non può trattarsi, invece, di un interesse di mero lucro, e cioè giustificato dal solo fatto di percepire un corrispettivo per la messa a disposizione del lavoratore.

In tale caso, infatti, il distacco finirebbe per configurare una forma surrettizia e non autorizzata di somministrazione di lavoro. Una presunzione legale dell’esistenza dell’interesse è stata, di recente, introdotta in relazione all’ipotesi in cui il distacco avvenga tra aziende che hanno sottoscritto un contratto cd. “di rete di impresa”. Il distacco può durare sino a quando permanga il legittimo interesse che lo giustifica. Infine, è necessario che il distacco sia disposto per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa, in quanto, ove fosse consentito al distaccatario variare, a seconda delle proprie (mutevoli) esigenze, l’oggetto della prestazione del lavoratore distaccato, sarebbe difficile configurare l’esistenza di un legittimo interesse al distacco da parte del datore di lavoro.

In conclusione, anche il distacco è espressione tipica del potere direttivo dell’imprenditore. Esso non determina l’estinzione dell’originario rapporto di lavoro, né la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con il beneficiario della prestazione. Difatti il datore di lavoro distaccante “rimane anche responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore”. Tuttavia, pur rientrando il distacco nel potere direttivo del datore di lavoro, nel caso in cui comporti un “mutamento di mansioni”, è richiesto il consenso del lavoratore.

Inoltre, quando il distacco comporti, oltreché l’assegnazione presso un terzo datore di lavoro, anche “un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito”, trova applicazione una disposizione analoga a quella applicabile alla fattispecie di trasferimento. In tale ipotesi, quindi, il distacco può avvenire “soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive”. Laddove il distacco sia privo dei requisiti previsti, il lavoratore può chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione.

Invece, la legge non prevede una specifica disciplina sanzionatoria nel caso di distacco che, pur comportando un mutamento di mansioni, sia avvenuto senza il consenso del lavoratore, e nel caso di distacco che, pur comportando un trasferimento ad una unità produttiva distante oltre 50 km, non sia giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. Deve, però, ritenersi che il lavoratore abbia diritto ad ottenere l’eventuale risarcimento dei danni subiti per effetto, ed a seguito, del provvedimento di distacco illegittimo.

 

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