Sfera privata del lavoratore

Lo Statuto dei lavoratori si è anche preoccupato di garantire la libertà e la dignità del lavoratore sub specie di tutela dell’inaccessibilità della sfera privata del lavoratore.

La disposizione centrale, al riguardo, è l’art. 8 che pone il divieto per il datore di lavoro di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore. La giurisprudenza, al contrario, considera legittime alla luce dell’art. 8 le indagini sul comportamento del lavoratore malato o in permesso, al fine di verificare la commissione di eventuali abusi.

Tutela della privacy del lavoratore.

Mentre l’art. 8 St. lav. tutela il lavoratore dalle ingerenze datoriali nella sua sfera privata, la disciplina generale sulla privacy (l. n. 675 del 1996 poi riordinata dalla l. n. 196 del 2003) si preoccupa di tutelare ciascun cittadino, compreso quindi il lavoratore, relativamente al trattamento di informazioni che lo riguardano e che sono detenute da altri (es. datore di lavoro).

La gestione amministrativa dei rapporti di lavoro comporta fisiologicamente l’acquisizione e il conseguente trattamento di numerosi dati personali. Tali dati, comunque, possono essere raccolti anche in forza dell’esercizio di una delle illustrate forme di controllo. In tal caso si crea un’interferenza con le disposizioni statuarie al riguardo, che però incidono a priori, nel momento dell’acquisizione dei dati, e non in quello consequenziale del trattamento. I due nuclei normativi, quindi, risultano essere complementari: la tutela offerta dalla normativa in tema di privacy, infatti, si aggiunge a quella già offerta dallo Statuto dei lavoratori.

Il principio generale del d.lgs. n. 196 del 2003 è che il trattamento dei dati personali è condizionato al consenso individuale della persona cui essi si riferiscono (art. 23), sancendosi altrimenti l’inutilizzabilità dei dati medesimi. Viene tuttavia sancita un’eccezione, secondo la quale quando il trattamento dei dati deriva da esecuzione di obblighi inerenti al rapporto di lavoro, il consenso non è necessario (art. 24).

Fanno eccezione a questo regime i c.d. dati sensibili, di cui all’art. 23, ossia i dati personali rivolti a rivelare l’origine razziale, le convinzioni religiose o filosofiche, l’adesione a partiti, a sindacati, ad associazioni o ad organizzazioni di carattere religioso, politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale. Tali dati, infatti, possono essere oggetto di trattamento soltanto con il consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del Garante della privacy. Anche in questo caso è possibile prescindere dal consenso qualora il trattamento dei dati sia necessario per l’adempimento di obblighi contrattuali, ma non si può mai prescindere dall’autorizzazione del Garante

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