I dirigenti

In un primo tempo, essi vennero considerati impiegati con funzioni direttive.

L’art. 1 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 3 ottobre 1989, per i dirigenti industriali (si tratta, come si vede, di una categoria di formazione piuttosto recente), definisce i dirigenti come quei lavoratori che “ricoprono nell’azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplicano la loro funzione al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell’impresa”. La peculiarità degli interessi dei dirigenti rispetto a quelli degli altri lavoratori comporta:

uno speciale inquadramento sindacale in associazioni separate;

una contrattazione collettiva separata;

un trattamento previdenziale diverso da quello riservato agli altri prestatori di lavoro.

Ancora, ai dirigenti non si applicano alcune leggi di tutela, ossia quelle sull’orario di lavoro, sul contratto a termine (possono essere assunti liberamente con contratto a termine per una durata non superiore a cinque anni), sul licenziamento, ma godono di un trattamento notevolmente privilegiato.

La giurisprudenza dà rilievo, come sempre, all’effettivo svolgimento dell’attività, lasciando intendere che le caratteristiche fondamentali del rapporto dirigenziale siano il contatto diretto ed immediato ed il vincolo fiduciario con l’imprenditore.

Nella realtà esistono dirigenti privi di poteri direttivi e lavoratori che, provvisti di forza contrattuale, riescono ad ottenere la qualifica di dirigente o perché ad essi sia riconosciuto un trattamento economico più favorevole o perché ad essi è riconosciuta una qualifica dirigenziale, in quanto possessori di grande esperienza e capacità professionale particolarmente affinata. Bisogna aggiungere che oggi sembra priva di fondamento la convinzione di poter scorgere nel dirigente la figura di alter ego dell’imprenditore, ormai riscontrabile solo ai massimi livelli dell’organizzazione (c.d. alta direzione o top management).

 

I quadri intermedi

Il loro riconoscimento giuridico è dato dall’art. 1 della legge n° 190 del 1985 (prima la norma del codice distingueva i lavoratori esclusivamente in dirigenti amministratvi e tecnici, impiegati e operai). Questa legge è stata voluta dai sindacati della categoria per contrastare l’appiattimento dei salari.

L’art. 2, L. 190/1985, definisce i quadri come i “prestatori di lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgano funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa”. Lo stesso articolo rimanda alla contrattazione collettiva nazionale o aziendale per la determinazione dei requisiti di appartenenza alla categoria “in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura organizzativa dell’impresa”. Come per la definizione dei dirigenti, anche per quella dei quadri il legislatore fa riferimento alle funzioni, e non alle mansioni svolte dal prestatore. Tuttavia, sul piano della disciplina, la differenziazione tra le due categorie è netta. Per i quadri è prevista, infatti, l’applicabilità delle norme che regolano il rapporto individuale di lavoro degli impiegati, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi; si esclude, inoltre, che possano essere ricompresi nella categoria dei quadri i lavoratori già classificati come dirigenti.

 

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