Dalla disciplina statale possono essere quindi tratti dei principi generali per tutte le amministrazioni. L’acquisizione di rilevanza esterna dell’alta burocrazia è stata graduale, in quando solo con il d.lgs748/1972 la dirigenza è stata ordinata secondo qualifiche e funzioni proprie, in quanto i dirigenti sono stati definiti “organi con legittimazione limitata”. Il Ministro esercitava poteri di direttiva e un insieme di poteri tipici del rapporto gerarchico: poteva ad esempio riformare gli atti dei dirigenti. L’autonomia dirigenziale e la distinzione rispetto al ruolo di indirizzo degli organi politici si è raggiunta per la prima volta con la l.142/1990 per gli enti locali: è così nato per amministrazioni diverse da quelle statali il principio di attribuzione ai dirigenti della competenza piena circa gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non riservati agli organi politici. Il principio di distinzione tra politica e amministrazione comporta che al Ministro e ai dirigenti siano assegnate diverse funzioni: il Ministro ha le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, la definizione dei programmi e degli obiettivi da raggiungere, la verifica della rispondenza dei risultati agli obiettivi prefissati. I dirigenti sono reclutati con concorso per esami indetto dalle amministrazioni ovvero con corso di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. I dirigenti hanno in via esclusiva le competenze inerenti l’attività di gestione delle risorse umani e strumentali, nonché degli atti e provvedimenti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno. Il Ministro non può emanare atti di competenza dirigenziale, pena l’illegittimità degli stessi. Può però annullarli solo per motivi di illegittimità ex l.165/2001. Questo modello non riduce l’ambito della responsabilità ministeriale di fronte al Parlamento. La distinzione tra politica e amministrazione è volta ad isolare per ogni materia “l’indirizzo”, cioè l’assetto di interessi che si vuole realizzare, dalla “gestione” cioè l’attività che attua la tutela degli interessi nei casi concreti. La realizzazione degli indirizzi va riferita all’insieme degli atti emanati in un periodo dato, quindi all’intera attività. Da qui abbiamo la definizione specifica delle rispettive responsabilità: il Ministro è formalmente responsabile degli atti di indirizzo formulati, i dirigenti sono responsabili dell’attività di gestione svolta, per cui possono esser incentivati/sanzionati a seconda di quanto siano riusciti a tradurre gli indirizzi in attività concreta. I dirigenti pubblici sono da assimilare, per quanto possibile, ai manager privati (ad esempio: si capisce dalla disposizione secondo cui i dirigenti assumono le determinazioni concernenti l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro “con capacità e poteri del privato datore di lavoro”). Le funzioni dirigenziali sono caratterizzate dalla temporaneità degli incarichi. Gli incarichi di segretari generali di ministero, capi dipartimento, direttori di agenzie, sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio con deliberazione del Consiglio dei Ministri.

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