L’attività sindacale di maggiore importanza consiste nella stipulazione del contratto collettivo.

Contratto collettivo, tutela dei lavoratori e limitazione della concorrenza. La funzione tipica è quella normativa, che dà luogo alla regolamentazione dei rapporti di lavoro, fon­damentalmente a tutela degli interessi dei lavoratori; per tale ragione il contratto collettivo viene definitivo acquisitivo, in contrapposizione del contratto collettivo in apparenza peggiorativo per i lavoratori. Questo consente al prestatore di attenuare la situazione d’inferiorità nella quale viene a trovarsi nei confronti del datore che, per la proprietà dei mezzi di produzione, ha il potere economico.

Il contratto collettivo, dal lato dei datori, svolge il ruolo di limitazione della concorrenza, in quanto dà luo­go all’uniformità del costo complessivo della forza lavoro, con preclusio­ne per ciascun imprenditore ad esso vincolato di applicare un trattamento meno oneroso rispetto a quello osservato dagli altri. La limita­zione della concorrenza riguarda soltanto gli imprenditori iscritti alle as­sociazioni stipulanti, mentre non vincola quelli non iscritti.

I contratti erga omnes c.d. statici. Nel nostro ordinamento esistono tre tipi di contratti che esplicano efficacia nei confronti di tutti i datori, anche quelli non iscritti; si tratta, tuttavia, di contratti c.d. statici, in quan­to non possono più essere riprodotti o non sono stati mai stipulati per la mancanza della necessaria legge sindacale.

I contratti corporativi. Nel sistema corporativo il problema dell’effica­cia generale del contratto collettivo fu risolto con il conferimento della personalità giuridica di diritto pubblico alle associazioni sindacali di en­trambe le parti, uniche per categoria. Il contratto corporati­vo non può più essere stipulato per la soppressione delle associazioni sin­dacali corporative, cui si sono sostituite le attuali associazioni ed organiz­zazioni costituite sulla base della libertà sindacale. Quelli già esistenti continuano ad esplicare efficacia, con la possibilità, tuttavia, di deroghe in melius da parte dei contratti stipulati dalle attuali associazioni o organiz­zazioni sindacali; deroghe in melius che li hanno di fatto esautorato.

Il contratto collettivo previsto dall’art. 39 co. 4 cost. L’art. 39 cost. ha cercato di conciliare il principio della libertà sindacale con l’esigenza del­l’efficacia dei contratti collettivi per tutti gli appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce; per tale efficacia il contratto deve essere stipulato dalle rappresentanze sindacali unitarie, formate dai sindacati registrati, con personalità giuridica riconosciuta specificamente per tale finalità. Si tratta di una personalità giuridica speciale, comunque non di diritto pubblico, diretta alla composizione delle rappresentanze sindacali unita­rie.

La norma costituzionale non è stata attuata per la pressione in tal senso degli stessi sindacati, timorosi di limitazioni legislative alla loro organizzazione interna. In particolare si oppose la Cisl, collegata con la democrazia cristiana; la quale negli anni “50” aveva la maggioranza assoluta in parlamento che le consentì di affossare ogni tentativo di emanazione della legge sindacale.

Infatti, la legge sindacale avrebbe consentito alla CGIL, collegata con le forze politiche in minoranza nel parlamento, di fare valere a livello di categoria la maggioranza che le apparteneva e le appartiene.

Efficacia limitata, difformità di trattamento e ricezione dei contratti collettivi. Dalla mancata applica­zione dell’art. 39 commi 2-4 cost. è derivata una situazione di difformità di trattamento tra lavoratori dipendenti da datori iscritti, cui si applicano i contratti collettivi stipulati dalle attuali associazioni sindacali, e lavoratori dipendenti da datori non iscritti, cui gli stessi contratti collettivi non si ap­plicano.

Per ovviare a tale situazione di difformità, il legislatore pensò d’intervenire mediante una legge con la quale delegava il governo a conferire efficacia generale, ossia la vincolatività anche nei confronti dei datori non iscritti, ai contratti collettivi stipulati fino a quel momento dai sindacati esistenti.

Resosi conto che una tale delega si poneva in insanabile contrasto con l’art. 39 co. 4 cost., il legislatore mutò l’oggetto della delega, trasformato in quello della garanzia di trattamenti economici e normativi minimi. Tut­tavia, per la realizzazione di tale scopo il legislatore autorizzò il governo a recepire in decreti legislativi il contenuto dei contratti collettivi stipulati entro il 3 ottobre del 1959 e depositati dai sindacati presso il ministero del lavoro.

 L’occasionalità della delega e preclusione per il futuro. La corte costi­tuzionale, pur ravvisando l’innegabile contrasto, escluse l’incostituzionalità in quanto la legge stessa era espressione di un intervento isolato, con il carat­tere della provvisorietà, senza che la trasformazione in legge dei contratti collettivi fosse elevata a sistema (sent. 106/1962).

Proprio sulla base di tale argomentazione la corte dichiarò l’incostituzionalità della legge proroga 1027/1960, con la quale il governo veniva autorizzato a recepire anche i contratti collettivi stipulati successivamente all’entrata in vigore della leg­ge del 1959, facendo venir meno il carattere della provvisorietà in base al quale la corte stessa aveva escluso l’incostituzionalità della legge del 1959. È questa la ragione per la quale il conferimento dell’efficacia generale dei contratti collettivi mediante la trasformazione in legge non è più rin­novabile.

 

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