Il <<diritto sociale comunitario>>, o europeo, ha avuto un’importanza crescente nello sviluppo del diritto del lavoro italiano e degli altri paesi membri della Comunità europea. Tale Comunità, com’è noto, fu istituita il 23 marzo 1957, con il Trattato di Roma, che si proponeva il ristretto obiettivo di creare uno spazio commerciale comune, nel quale merci, capitali e lavoratori potessero circolare liberamente. È quindi chiaro che la ratio originaria della comunità era puramente economica, non rientrando nelle finalità originarie dei padri fondatori la volontà di creare un modello sociale europeo.

Nella versione originaria del Trattato, infatti, soltanto due disposizioni avevano ricadute sociali:

  • la prima (odierno art. 39) stabiliva il principio della libera circolazione dei lavoratori fra tutti i paesi della Comunità.
  • la seconda (odierno art. 141) sanciva il principio della parità di retribuzioni tra uomini e donne sul lavoro.

Tale parità, tuttavia, non fu inserita nel Trattato per una preoccupazione sociale ispirata al desiderio di dar vita ad una comunità di valori condivisi, quanto piuttosto come parte dello strumento finalizzato al perseguimento dell’obiettivo primario della Comunità, la protezione della libera concorrenza. Tale concorrenza, infatti, è fortemente condizionata dai differenziali nei costi del lavoro, per cui le imprese dei paesi che garantiscono standard protettivi inferiori hanno buon gioco nel fare concorrenza alle imprese dei paesi socialmente più evoluti.

Questa seconda norma, comunque, finendo per avere anche un rilievo sociale, ha rappresentato l’embrione del <<diritto sociale europeo>>. Il meccanismo che ha attivato gli ulteriori sviluppi, infatti, è stato il frutto della trasposizione all’insieme delle condizioni normative del lavoro della medesima logica che aveva ispirato la norma sulla parità retributiva. In altre parole, è maturata la consapevolezza che, per garantire una concorrenza paritaria fra le imprese europee, occorresse armonizzare il più possibile gli standard sociali (art. 94 del Trattato).

Per questa via, quindi, il diritto sociale comunitario ha cominciato a svilupparsi ed a vivere di vita propria, toccando, attraverso varie direttive comunitarie, tematiche tanto svariante quanto importanti (es. licenziamenti collettivi, parità tra uomo e donna, retributiva e normativa, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori). Tali direttive hanno così dato vita ad un importante corpus di diritto sociale, il quale ha profondamente modificato il diritto nazionale.

Attualmente, tuttavia, le prospettive della Comunità e del diritto comunitario sembrano incerte, se non pesantemente a rischio. Ciò deriva, innanzitutto, da possibili tensioni interne al diritto comunitario classicamente inteso: stanno emergendo tensioni, ad esempio, fra il valore delle libertà economiche e quello dei diritti sindacali che, in un certo qual modo, potrebbero considerarsi lesivi della libertà di concorrenza.

Più ancora potrebbero pesare i problemi di contesto:

  • il ravvicinamento normativo ha sempre una capacità propulsiva, anche in considerazione della tendenza degli organismi istituzionali a produrre <<diritto>>.
  • il recente allargamento della Comunità e le prospettive di ulteriori ampliamenti rendono sempre più difficile un’unificazione normativa di <<alto profilo>>. Infatti, più sono i paesi, e quanto più diverse sono le rispettive tradizioni normative, condizioni economico-sociale, e culturali di partenza, tanto più si è costretti ad attestarsi, per trovare una base comune, su un minimo denominatore comune di diritti.

L’ulteriore paradosso, peraltro, è che la prospettiva più immediata di consolidamento istituzionale (il Trattato <<costituzionale>> europeo) è stata vanificata, in una prima occasione (2005), proprio da due paesi (Francia e Olanda) storicamente favorevoli all’integrazione europea, e, più di recente (2008), con riguardo alla nuova versione del Trattato, dall’Irlanda, che pure è stata uno dei maggiori beneficiari, in termini economici, dell’integrazione europea.

L’incertezza, come si vede, è grande, ma questo non deve in nessun modo far dimenticare, in una più ampia prospettiva storica, l’importanza della costruzione europea, e i grandi risultati da essa conseguiti.

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