Il cosiddetto danno estetico, e cioè la lesione che consiste in un’alterazione dell’estetica che deriva da un infortunio sul lavoro, dà luogo al diritto a prestazioni previdenziali soltanto se incide sulle attitudini al lavoro del soggetto protetto.

Anche il danno estetico, dunque, quando per la ripugnanza che suscita crei difficoltà ad un’occupazione o costringa il lavoratore a accettarne qualcuna in condizioni sfavorevole, può dar luogo a prestazioni previdenziali.

Più complessa è la questione della rilevanza del danno biologico, e cioè del danno alla persona del lavoratore.

La Corte Costituzionale aveva affermato la contrarietà ai principi costituzionali delle disposizioni che determinano prestazioni che non tengono conto anche del danno inferto alla salute del lavoratore.

La Corte si era astenuta dal dichiarare l’illegittimità delle norme esaminate ed aveva invitato il legislatore a disporre una riforma della disciplina vigente.

In tal modo la Corte aveva confermato l’indirizzo secondo il quale il diritto alla salute deve trovare realizzazione nei rapporti tra privati, e la lesione di quel diritto provoca un danno in sé, danno che deve essere risarcito indipendentemente dal danno economico.

Tuttavia il presupposto dal quale i giudici costituzionali avevano preso le mosse, e cioè che le prestazioni economiche hanno una funzione risarcitoria limitata al danno economico, era errato almeno per due ragioni.

Da un lato perché presupponeva che la tutela infortunistica continuasse ad assolvere ad una funzione risarcitoria, come se ancora fosse da ricondurre esclusivamente ad una assicurazione per la responsabilità civile dei datori di lavoro e non assolvesse, invece, ad una funzione previdenziale.

Dall’altro perché non teneva conto dei criteri che presiedono alla determinazione dell’ammontare delle prestazioni economiche alle quali l’infortunato ha diritto. E infatti, la riduzione permanente dell’attitudine al lavoro è soltanto teorica. Il lavoratore infortunato o affetto da malattia professionale ben può continuare a svolgere la stessa attività o a svolgerne un’altra, con produzione di reddito, nonostante che l’inabilità debba essere riferita a qualsiasi lavoro genericamente proficuo e non soltanto a quello svolto al momento dell’infortunio.

Tutto ciò esclude che le prestazioni di cui si tratta avessero una funzione esclusivamente risarcitoria. In realtà quelle prestazioni prescindevano dal danno effettivo, ed erano condizionate da una valutazione complessiva della situazione in cui si viene a trovare il lavoratore che ha subito un infortunio o ha contratto una malattia professionale.

Anche la tutela previdenziale contro gli infortuni e le malattie professionali si realizzava mediante l’erogazione di prestazioni che devono garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita, e quindi erogazione di prestazioni che sono esclusivamente destinate a realizzare la liberazione dal bisogno che si presume derivare dall’infortunio o dalla malattia professionale, al fine di consentire l’effettivo esercizio dei diritti civili e politici.

 

L’indennizzo per danno biologico

Il legislatore ha preso in considerazione il danno biologico derivante da infortunio o malattia professionale e ha dettato per esso una speciale disciplina.

Speciale disciplina perché provvisoria in quanto in attesa della definizione di carattere generale di danno biologico, e perché la prestazione prevista nell’ambito del sistema d’indennizzo e sostengo sociale sostituisce, e non si aggiunge, alla rendita per inabilità permanente.

Il danno biologico dà luogo ad un indennizzo sotto forma di capitale per danni fino al 15%, e per i danni ulteriori sotto forma di rendita, determinata in base ad una tabella delle menomazioni di cui al decreto ministeriale 12 luglio 2000.

Deve quindi ritenersi che il diritto all’indennizzo di cui trattasi sorge quando cessa il diritto all’indennità giornaliera per inabilità temporanea.

Quando al menomazione conseguente a danno biologico, applicando la tabella risulta essere superiore al 16%, l’indennizzo è integrato da una ulteriore quota di rendita commisurata in base alla tabella dei coefficienti, alla retribuzione percepita, al tipo di attività lavorativa svolta e alla ricollocabilità del soggetto protetto.

Al finanziamento di questo aspetto della tutela infortunistica si fa fronte con un’addizionale dei premi e contributi assicurativi.

 

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento