Interrogativo di fondo: se ed in quale misura le teorie della rappresentanza politica, legate alle origini del costituzionalismo moderno, sono ancora capaci di inquadrare la complessità del processo politico nelle democrazie pluralistiche contemporanee.

Due distinte linee di discussione:

1. studia il rapporto tra costituzione e pluralismo e quindi l’attitudine degli assetti costituzionali a far convivere al proprio interno il molteplice → politeismo di valori di cui parla Max Weber, ma al tempo stesso esprimere un’unificazione politica. Tale discussione contrappose da un lato chi come SCHMITT ritenne la parcellizzazione delle policrazie incompatibili con la pretesa di unità politica, e dall’altro chi come SMEND coniugava pluralismo sociale e unità politica, oppure HELLER con la sua idea di costituzione come organizzazione della società.

2. Pone il nodo fondamentale sulla continuità con le esperienze del costituzionalismo liberale. Sotto tale punto di vista le interpretazioni del costituzionalismo democratico del Novecento sono oscillate tra due approcci differenti. Da un lato chi come Kelsen ha tentato il recupero del parlamentarismo come topos, dall’altro chi ha sottolineato l’impossibilità di coniugare le dinamiche delle democrazie di massa con le logiche del parlamentarismo.

Tale dibattito si poneva dunque l’interrogativo se fosse ancora plausibile la ricerca dell’unità politica.

Il punto focale era il livello sul quale allocare l’unità politica:

• al livello di una costituzione neutrale rispetto alle virtualità di visioni molteplici?

• Al livello di un’omologazione delle varie fratture organizzando il pluralismo in chiave conciliativa?

• Al livello solo di neutrale regolazione del conflitto tra i soggetto del pluralismo?

Sono questi i passaggi obbligati di una teoria costituzionalistica del pluralismo

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