Le inchieste parlamentari consentono ai sensi dell’art. 82 Cost. di procedere ad indagini ed esami, con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, su materie di pubblico interesse. Vengono effettuate da commissioni d’inchiesta, nominate con composizione proporzionale all’entità dei gruppi parlamentari di una o entrambe le Camere.

Si distingue fra le inchieste a fini politici (accertamento di responsabilità di titolari di uffici pubblici o politici) e a fini legislativi (acquisizione di conoscenze dirette ad acquisire dati per un migliore svolgimento della funzione legislativa).

Possono essere disposte sia con legge che con atto non legislativo (se l’inchiesta è disposta da un solo ramo del Parlamento occorre la delibera di quella Camera). Possono essere disposte da ciascuna Camera separatamente ex art.82 c.1° (commissione monocamerale), o, anche, congiuntamente (si costituisce così una commissione bicamerale).

Gli obiettivi delle inchieste e la varietà dei mezzi d’azione postulano che la commissione abbia il potere di opporre il segreto sulle risultanze acquisite nel corso delle indagini. Compare così nella giurisprudenza costituzionale il segreto funzionale, espressione dell’autonomia costituzionale delle Camere.

L’esame delle petizioni e le indagini conoscitive sono invece attività conoscitive.

Esame delle petizioni è l’esame delle richieste individuali o collettive dei cittadini alle singole camere (art. 50 Cost.).

Le indagini conoscitive sono svolte dalle commissioni parlamentari (in sede politica) e sono dirette all’acquisizione di notizie, informazioni e documenti utili alle attività delle Camere; le indagini conoscitive svolte in occasione dell’esame di un progetto di legge da parte di una commissione camerale prendono il nome di udienze legislative.

 

Parlamento e Comunità europea

L’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea, pone al Parlamento due fondamentali esigenze:

– recepire le direttive comunitarie in tempi ragionevoli, evitando la responsabilità dello Stato italiano per la loro mancata immissione nell’ordinamento interno;

– avere cognizione degli indirizzi comunitari sui grandi e dei progetti di atto normativo prima che essi siano approvati dagli organi competenti della Comunità.

La legge 86/1989 (ed. legge La Pergola), ha introdotto uno strumento annuale, la legge comunitaria per recepire le direttive che non presentano particolari problemi di attuazione; invece, per le direttive più delicate, il recepimento avviene attraverso un disegno di legge ad hoc. La legge La Pergola è stata sostituita dalla legge 11/2005, che ha disciplinato sia la fase ascendente di formazione degli atti normativi comunitari e dell’Unione europea – ossia la fase che precede l’adozione formale di tali atti dai competenti organi europei, cui partecipano sia lo Stato che le Regioni -, sia la fase discendente – ossia quella fase in cui si tratta di dare attuazione nell’ordinamento italiano agli atti europei -.

La disciplina della fase ascendente ha come obiettivo quello di consentire la partecipazione del Parlamento alla definizione dei contenuti degli atti comunitari e dell’Unione Europea, che altrimenti sarebbero determinati solamente dagli organi comunitari e dai negoziati cui partecipa il Governo italiano insieme agli altri Esecutivi europei.

La fase discendente riguarda, invece, l’adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi comunitari, ed in particolare l’attuazione delle direttive comunitarie.

 

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