Accanto al procedimento legislativo ordinario finora descritto, se ne pongono altri aggravati o rinforzati: il più rilevante è quello formativo delle leggi di revisione della carta costituzionale e delle altre “leggi costituzionali”. In altri stati, tra i quali la Svizzera, nel compito in esame viene invece coinvolto il corpo elettorale, che legifera in luogo del parlamento mediante referendum di nuove leggi costituzionali. Ed altri ordinamenti ancora contemplano un procedimento legislativo parlamentare variamente complicato: sia prevedendo l’approvazione delle leggi costituzionali da parte della camere uscenti, dopo di che le leggi stesse vanno riapprovate dal parlamento subentrato alle nuove elezioni.

La nostra costituzione ha adottato un sistema misto, che presenta caratteristiche proprie sia del secondo che del terzo tipo or ora descritti. Infatti per l’approvazione delle leggi costituzionali sono necessarie due successive deliberazioni di ciascuna camera, intervallate almeno da tre mesi, e nella seconda votazione dev’essere raggiunta come minimo la maggioranza assoluta. A questo punto le leggi stesse sono sottoposte ad un referendum popolare approvativo. Diversamente dal procedimento legislativo ordinario, quello costituzionale si articola dunque in quattro fasi: tre delle quali sono comuni e necessarie; mentre una fase eventuale, imperniata sul referendum, può venire ad inserirsi precedentemente alla promulgazione.

L’art. 138 Cost. non considera per altro l’iniziativa delle leggi costituzionali: sicché in questa parte si deve ritenere che al procedimento legislativo costituzionale vadano applicate le norme dettate per la formazione delle leggi ordinarie. Gravi problemi investivano invece la fase approvativi prima delle riforme regolamentari del ’71. Ci si chiedeva quale dovesse essere l’ordine delle “due successive deliberazioni” che ciascuna camera è tenuta ad adottare “ad intervallo non minore di tre mesi”. E mentre alcuni propendevano per la necessaria consecutività di tali approvazioni; altri sostenevano la tesi dell’alternatività, desumendone che il progetto di legge costituzionale adottato una prima volta dalla camera dovesse venir subito trasmesso al senato o viceversa , con la conseguenza che il periodo di tre mesi veniva a decorrere dopo la prima approvazione.

A favore della prima soluzione, si osservava che essa avrebbe comportato un duplice intervallo di tre mesi, corrispondendo alla ratio dell’art. 138 Cost. All’opposto, i fautori dell’alternatività rilevavano che la carta costituzionale impone un unico “intervallo” di tre mesi; ed aggiungeva che solo a questo modo si poteva sfuggire all’inconveniente di porre la seconda camera di fronte ad una sorta di fatto compiuto. Ma giustamente è stato notato che, non risultando nulla di preciso dall’art. 138, il problema ritrova la sua soluzione ultima nell’art. 72 primo comma Cost., che rimanda appunto ai regolamenti la disciplina dei procedimenti di approvazione delle leggi e dunque la scelta fra la consecutività e l’alternatività delle delibere approvative delle leggi costituzionali.

Un ulteriore problema concerne gli emendamenti apportabili ai disegni di legge costituzionale. Non è dubbio che la seconda assemblea lo può modificare a sua volta con piena libertà: poiché altrimenti verrebbe contraddetto il principio bicamerale. È invece incerta e discussa la questione dell’emendabilità del testo medesimo nel corso della seconda deliberazione.

Su quest’ultimo punto sono state formulate tre distinte ipotesi:

1) che gli emendamenti siano ancora possibili;

2) che in sede di seconda deliberazione le proposte di emendamento siano a priori inammissibili;

3) che le modifiche siano comunque consentite, ma debbano anch’esse venire sottoposte a quattro votazioni approvative.

Ma la stessa camera si è poi resa conto che l’interpretazione più corretta è la seconda, per cui gli emendamenti vanno affatto esclusi e la seconda deliberazione si risolve nell’approvazione finale dell’intero testo. Se infatti “la legge è… approvata nella seconda votazione da ciascuna delle camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”, il terzo comma dell’art. 1389 dispone che non si faccia luogo ad alcun referendum approvativo, ma si proceda direttamente alla promulgazione. Se invece si raggiunge la sola “maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera”, l’art. 138 consente ce venga richiesto un referendum popolare.

Bisogna notare però che sebbene spetti agli elettori il compito di approvare tali atti, esercitando una funzione deliberativa comparabile a quella già svolta dalle camere, lo scopo realmente perseguito dai promotori del referendum consiste nel bloccare il procedimento di legislazione o di revisione costituzionale. E in vista di questa implicita ratio di garanzia dell’ordinamento costituzionale positivo, si spiega il divario che passa tra la disciplina del referendum abrogativo delle leggi ordinarie e quella dettata per l’approvazione delle leggi costituzionali.

Sulla legittimità decide con ordinanza un apposito ufficio centrale costituito presso la corte di cassazione; mentre non vi è spazio per quel successivo giudizio sull’ammissibilità della richiesta stessa che spetta alla corte costituzionale in tema di referendum abrogativi, non sussistendo in tal campo alcun limite di materia né alcun tipo di legge sottratta alla consultazione popolare. Intervenuta l’ordinanza che accerta la regolarità della richiesta, il referendum è indetto con decreto del presidente della repubblica, su deliberazione del consiglio dei ministri.

Un’ulteriore singolarità del procedimento in esame consiste nel fatto che la legge costituzionale approvata in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna camera, è soggetta ad una pubblicazione anticipata nella gazzetta ufficiale; la quale però assume anch’essa un valore necessario, nona vendo il solo scopo di far conoscere il testo della legge a chi voglia proporre il referendum disapprovativi, ma essendo indispensabile perché incominci a decorrere il trimestre entro il quale può farsi la richiesta. Viceversa la seconda pubblicazione ne determina l’entrata in vigore. A conclusione del discorso va ricordato che qualche autore considera caratteristica anche la disciplina della promulgazione delle leggi costituzionali.

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