Rilevanza certamente maggiore va riconosciuta alle partecipazioni cosiddette incrociate, che possono determinare dei pregiudizi di natura analoga a quelli prodotti dalla sottoscrizione e dall’ acquisto di azioni proprie. In pratica, anche con questa fattispecie (che si verifica quando una società partecipa al capitale di una società e viceversa) può essere sostanzialmente falsata la consistenza patrimoniale degli enti interessati (cosiddetto annacquamento dei patrimoni).

L’ art. 2360 vieta alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca di azioni, anche per tramite di società fiduciaria o per interpersona. La violazione del divieto comporta la nullità di entrambe le sottoscrizioni per violazione di norme imperative, purchè si provi che le due reciproche sottoscrizioni siano fondate su di un disegno preordinato, volto a creare l’ apparenza di un incremento patrimoniale inesistente. I pregiudizi di carattere patrimoniale ed amministrativo legati alle partecipazioni incrociate si producono, evidentemente, anche a seguito dell’ acquisto reciproco di titoli azionari.

Tuttavia, la fattispecie dell’ acquisto reciproco, pur presentando evidenti analogie con quella dell’ acquisto di azioni proprie o della sottoscrizione reciproca, è oggetto di una disciplina limitativa solo nei seguenti casi:

a) acquisto realizzato dalla società controllata di azioni della società controllante: l’ art. 2359bs estende a tale operazione le limitazioni e le condizioni dettate dal legislatore nell’ ipotesi di acquisto di azioni proprie (art. 2357). Infine, ai sensi dell’ art. 2359quinquies, è fatto divieto alla controllata di sottoscrivere azioni della controllante, e ciò a garanzia dell’ effettività dei conferimenti promessi in sede di costituzione. L’ articolo dispone, poi, le conseguenze da attivare per la violazione del divieto: responsabilità degli amministratori (o del terzo interpostosi) che non si dimostrino esenti da colpa;

b) acquisti reciproci tra società di cui almeno una sia quotata. L’ art. 120 TUF stabilisce un obbligo di comunicazione delle partecipazioni rilevanti:

– a carico di tutti coloro che partecipano ad una emittente azioni quotate avente l’ Italia come Stato membro d’ origine in misura superiore al 2% del capitale di questa. Il d.lgs. 5/2009, conv in l. 33/2009 ha aggiunto all’ art. 120 il comma 2bis che prevede che la CONSOB può, con provvedimento motivato da esigenze di tutela degli investitori nonchè di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato di capitali prevedere, per un periodo limitato di tempo, soglie inferiori a quella suindicata per le società ad elevato valore corrente di mercato e ad azionatario particolarmente diffuso;

-a carico di tutte le emittenti azioni quotate aventi l’ Italia come Stato membro d’ origine che partecipano ad altra società non quotata o a una s.r.l., anche estera, in misura superiore al 10% del capitale di questa.

In caso di superamento dei limiti sopra esposti, la società dovrà darne comunicazione scritta alla partecipata e alla CONSOB. Il d.lgs. 146/2009 ha introdotto nell’ art. 105 TUF un nuovo comma 3bis che attribuisce alla CONSOB il potere di stabilire con regolamento in quali ipotesi e in che modo gli strumenti finanziari derivati sono tenuti in considerazione ai fini del calcolo delle partecipazioni rilevanti ai fini dell’ obbligo di lanciare un’ offerta pubblica obbligatoria. La violazione dei suddetti obblighi informativi comporterà la sospensione del diritto di voto relativo alle azioni acquistate, le quali saranno, tuttavia, computate ai fini dei quorum costitutivi dell’ assemblea.

 

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