Una specifica disciplina è dettata per le obbligazioni convertibili in azioni. Tale norma, regola le obbligazioni convertibili in azioni della stessa società di futura emissione (procedimento diretto). Sono queste obbligazioni che attribuiscono il diritto di sottoscrivere azioni della stessa società, in base ad un prefissato rapporto di cambio, utilizzando come conferimento le somme già versate al momento dell’acquisto delle obbligazioni. Chi esercita il diritto di conversione cessa perciò di essere obbligazionista e diventa azionista della società.

Le obbligazioni convertibili devono essere offerte in opzione agli azionisti ed ai possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse. Già in sede di emissione delle obbligazioni devono essere rispettate condizioni simili a quelle richieste per l’emissione di nuove azioni e che a rigore dovrebbero acquistare rilievo solo in sede di conversione. Infatti:

1) la delibera di emissione delle obbligazioni convertibili non può essere adottata se il capitale sociale precedentemente sottoscritto non è stato integralmente versato;

2) le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per somma complessivamente inferiore al loro valore nominale.

Anche le obbligazioni convertibili non possono essere inoltre emesse per ammontare superiore al limite generale fissato dall’articolo 2412. Competente a deliberare l’emissione di obbligazioni è l’assemblea straordinaria. L’atto costitutivo può comunque permettere agli amministratori la facoltà di emettere obbligazioni convertibili, fino ad un ammontare determinato e per un periodo massimo di 5 anni. La delega comprende anche quella relativa al corrispondente aumento del capitale sociale.

Per assicurare ai sottoscrittori di obbligazioni convertibili l’effettiva possibilità di conversione, la stessa assemblea che delibera l’emissione delle obbligazioni deve determinare il rapporto di cambio, nonché il periodo e le modalità di conversione. Deve inoltre contestualmente deliberare l’aumento del capitale sociale per un ammontare corrispondente al valore nominale delle azioni da attribuire in conversione. L’aumento del capitale così deliberato sarà sottoscritto, anche parzialmente, via via che gli obbligazionisti eserciteranno il diritto di conversione.

La legge si preoccupa infine di conciliare, durante il periodo concesso per la conversione, la libertà di decisione della società con l’esigenza di tutelare i possessori di tali obbligazioni di fronte ad operazioni societarie che possono vistosamente alterare il valore del diritto di conversione e la loro eventuale futura posizione di azionisti. Sono al riguardo fissate tre distinte regole.

  • In caso di aumenti del capitale sociale a pagamento e di nuove emissioni di obbligazioni convertibili, il diritto di opzione sugli stessi spetta anche ai possessori di obbligazioni convertibili. Si permette così agli obbligazionisti di mantenere inalterata la proporzione della loro futura partecipazione azionaria.
  • In caso di aumento gratuito del capitale o di riduzione dello stesso per perdite, il rapporto di cambio è automaticamente modificato in proporzione alla misura dell’aumento o della riduzione del capitale. Nel primo caso, la società dovrà quindi aumentare proporzionalmente il numero delle azioni offerte in conversione, se l’aumento gratuito è attuato mediante emissione di nuovi titoli. Nel caso di riduzione per perdite, sarà ridotto il valore nominale o il numero delle azioni offerte in conversione. Ciò per evitare che chi converte acquisti una quota di partecipazione percentualmente maggiore di quella offertagli al momento dell’emissione del prestito convertibile.
  • Infine la società non può deliberare la riduzione volontaria del capitale sociale, la fusione con altra società, la scissione o la modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione degli utili, fin quando non siano scaduti i termini fissati per la conversione. Il divieto non ha carattere assoluto. Può essere infatti superato dalla società concedendo agli obbligazionisti la facoltà di conversione anticipata.

In caso di fusione e scissione ai possessori di obbligazioni convertibili, che non si avvalgono della conversione anticipata, devono essere assicurati diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione o della scissione, salvo che la modifica dei loro diritti non sia stata approvata dall’assemblea degli obbligazionisti.

 

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