Gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato in tre direzioni: verso la società, verso i creditori sociali e verso i singoli soci o terzi. Iniziamo dalla responsabilità verso la società.

In base all’attuale disciplina, gli amministratori incorrono in responsabilità verso la società e sono tenuti al risarcimento dei danni dalla stessa subiti quando non adempiono i doveri ad esempio imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Vale a dire, con la normale diligenza professionale di un amministratore di società. Gli amministratori non sono responsabili per i risultati negativi della gestione che non siano imputabili a difetto di normale diligenza. Se gli amministratori sono più, essi sono responsabili solidamente. Ciascuno può essere costretto dalla società a risarcirle l’intero danno subito.

La presenza di amministratori con funzioni delegate non comporta che gli altri siano senz’altro esonerati da responsabilità solidale per i comportamenti dei primi. L’attuale disciplina, a differenza della precedente, non pone più a carico degli amministratori un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione. La stessa disciplina però impone a tutti gli amministratori di agire in modo informato e soprattutto pone a carico degli amministratori senza delega, specifici obblighi, quale quello di valutare, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.

Infatti in ogni caso gli amministratori sono solidamente responsabili se essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. Quindi se il comportamento dannoso è imputabile direttamente solo ad alcuni amministratori, con essi risponderanno in solido anche gli altri qualora, per violazione di specifici obblighi posti a loro carico, non abbiano prevenuto o impedito l’attività dannosa dei primi.

Ne risponderanno però solo per culpa in vigilando, con la conseguenza che, se costretti a risarcire il danno, avranno diritto di regresso per l’intero nei confronti dei primi. La responsabilità degli amministratori è comunque per colpa e non responsabilità oggettiva. Infatti, la responsabilità per gli atti e le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che sia immune da colpa, purché:

1) abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione;

2) del suo dissenso dia immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.

L’esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori deve essere deliberato dall’assemblea ordinaria, anche se la società è in liquidazione. L’azione può essere esercitata entro 5 anni dalla cessazione dell’amministratore della carica. La deliberazione dell’azione di responsabilità comporta la revoca automatica dell’ufficio degli amministratori contro cui è proposta solo se la delibera è approvata col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale.

Le cose cambiano quando la società cade in dissesto ed è dichiarata fallita o assoggettata a liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione straordinaria. In tal caso la legittimazione a promuovere l’azione sociale di responsabilità compete al curatore fallimentare, al commissario liquidatore o al commissario straordinario. Una tutela limitata e indiretta delle minoranze è però prevista anche quando la società è in bonis. La società infatti può rinunciare all’esercizio dell’azione di responsabilità o pervenire ad una transazione con gli amministratori.

L’una e l’altra devono però essere espressamente deliberate dall’assemblea. È inoltre necessario che non vi sia il voto contrario di una minoranza qualificata: il quinto del capitale sociale, ridotto ad un ventesimo nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio o la percentuale prevista per l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte della minoranza.

Altrimenti, la rinuncia o transazione sono senza effetto. Una tutela più energica delle minoranze è stata infine introdotta dalla riforma del 1998 per le sole società con azioni quotate e poi estesa a tutte le s.p.a. dalla riforma del 2003. Infatti l’azione di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa anche dagli azionisti di minoranza. Per evitare azioni giudiziarie pretestuose o ricattatorie contro gli amministratori, i soci che assumono l’iniziativa devono rappresentare almeno il 20% del capitale sociale o la diversa misura prevista dallo statuto (e comunque non superiore a un terzo).

 

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