Gli amministratori possono essere chiamati a rispondere in tre diverse direzioni:
- verso la società.
- verso i creditori sociali.
- verso il singolo socio o verso il terzo che siano stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori stessi.
Si discute se e quali di queste ipotesi configurino una responsabilità contrattuale o extracontrattuale. Il problema, chiaramente, si pone soprattutto per determinare la distribuzione dell’onere probatorio della responsabilità, stante la regola dell’inversione di tale onere per le obbligazioni di origine contrattuale (art. 1218). Nel nostro caso, tuttavia, la questione è secondaria, perché la disciplina stessa e la particolare configurazione della fattispecie suggeriscono le risposte all’interrogativo: nessuno, infatti, può pensare di presumere una colpa degli amministratori ogni qual volta le sorti della società declinino, senza che si possano attribuire alla loro responsabilità fatti specifici.
Gli obblighi inerenti alla funzione degli amministratori si proiettano anche verso i creditori sociali. Si tratta in particolare degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (es. divieto di distribuzione degli utili fittizi, rispetto dei limiti all’acquisto di azioni proprie), del cui rispetto gli amministratori sono chiamati a rispondere non solo nei confronti della società, ma anche nei confronti dei creditori (art. 2394). La violazione dei vari obblighi reca contemporaneamente danno tanto alla società quanto ai suoi creditori. Di qui il dubbio che l’azione così attribuita a questi ultimi si debba considerare come una sorta di azione surrogatoria.
Viene comunque a porsi un problema di sovrapposizione di azioni: quando lo stesso danno si rifletta tanto sulla società quanto sui creditori, non è pensabile che gli amministratori siano chiamati a risarcirlo due volte. Qualora la società abbia già ottenuto il risarcimento, quindi, i creditori non possono più agire. L’art. 2394 co. 3, tuttavia, affronta alcune particolari situazioni stabilendo che:
- la rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali.
- la transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria, quando ne ricorrono gli estremi.
In forza del principio della necessità di un interesse di agire, l’art. 2394 co. 2 dispone che l’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti.
L’art. 2394 bis dispone che l’esercizio di questa azione, in caso di procedure concorsuali, spetta al curatore del fallimento, al commissario liquidatore e al commissario straordinario, al pari dell’azione sociale di responsabilità.