La tutela giuridica dell’invenzione ha contenuto sia morale che patrimoniale. L’inventore ha diritto ad essere riconosciuto come autore dell’invenzione, diritto morale, art. 62 c.p.i.

Ha il diritto, trasferibile, art. 63 c.p.i. , di conseguire il brevetto, diritto al brevetto, che ha funzione costitutiva ai fini dell’acquisto del diritto all’utilizzazione economica in esclusiva del trovato, diritto sul brevetto.

Però non sempre l’autore dell’invenzione coincide con il soggetto legittimato a richiedere il brevetto e a sfruttarlo economicamente. Come ad esempio nel caso in cui le invenzioni siano realizzate dai dipendenti di un imprenditore.

Il lavoratore ha sempre il diritto ad essere riconosciuto come autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro, art. 2590 , diritto morale.

Invece, l’attribuzione dei diritti patrimoniali derivanti dall’invenzione è regolata in base al tipo di invenzione, art. 64 c.p.i. :

  1. nel caso di invenzione di servizio, cioè quando l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto di lavoro, che preveda una retribuzione specifica per tale attività. Le invenzione realizzate da questi autori appartengono al datore di lavoro, che acquista a titolo originario il diritto di chiedere e di sfruttare il brevetto, art. 64, 1° comma, c.p.i., mentre al lavoratore non spetta nulla;
  2. nel caso di invenzione aziendale, cioè quando l’invenzione è fatta nell’ esecuzione di un contratto o di un rapporto di lavoro, ma non è prevista una retribuzione specifica per l’attività inventiva. I diritti patrimoniali appartengono al datore di lavoro, ma se ottiene il brevetto al lavoratore spetta un equo premio per l’invenzione trovata, art. 64, 2° comma, c.p.i. ;
  3. nel caso di invenzione occasionale, cioè quando l’invenzione rientra nel campo di attività d’impresa cui è addetto l’inventore, ma è indipendente dal contratto o dal rapporto di lavoro. In tal caso i diritti patrimoniali spettano al lavoratore e solo il lavoratore potrà chiedere il brevetto. Il datore di lavoro ha però diritto di prelazione per l’uso dell’invenzione, (da esercitarsi entro 3 mesi dalla comunicazione del conseguimento del brevetto), per l’acquisto del brevetto e per la brevettazione all’estero della stessa invenzione. Per ciò dovrà pagare un corrispettivo, concordato col lavoratore o, se non si raggiunge un accordo, da un collegio di arbitri, art. 64 c.p.i.

La stessa disciplina si applica anche alle invenzioni per le quali sia stato chiesto il brevetto entro un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Queste distinzioni oggi sono venute meno quando il rapporto di lavoro intercorre con un’università o altra amministrazione pubblica di ricerca. In tal caso, titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile è sempre il ricercatore autore dell’invenzione e solo lui potrà chiedere il brevetto. L’inventore ha il diritto a ricevere non meno del 50% dei proventi dello sfruttamento dell’invenzione, il cui ammontare massimo è però determinato dall’università o dalla pubblica amministrazione interessata, art. 65 c.p.i.

Il c.p.i. ha stabilito che questa disciplina non si applica in caso di ricerche universitarie finanziate in tutto o in parte da privati, ovvero da soggetti pubblici diversi dall’ente di appartenenza del ricercatore, art. 65 5° comma c.p.i. Lo svolgimento di attività inventiva può essere anche affidato, dietro corrispettivo, a lavoratori autonomi o a gruppi organizzati di ricercatori tramite appositi contratti di ricerca, nei quali il committente può essere sia un privato sia un ente pubblico.

Per tali contratti manca una disciplina generale che regoli il diritto al rilascio del brevetto e allo sfruttamento economico dell’invenzione.

Nei contratti di ricerca privati tali diritti sono di regola riservati al committente (finanziatore della ricerca) e non all’inventore. Lo stesso si fa anche per i contratti di ricerca a committenza pubblica.

 

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