Questo è un istituto che consente all’imprenditore fallito di chiudere definitivamente i rapporti pregressi attraverso il pagamento parziale dei creditori, ottenendo nel contempo la liberazione dei beni soggetti alla procedura fallimentare. Esso giova al fallito che ai creditori.

Le fasi essenziali sono:

a) la proposta;

b) l’approvazione da parte della maggioranza dei creditori;

c) l’omologazione da parte del tribunale. La proposta può essere presentata da uno o più creditori, da un terzo o dal fallito. I primi possono proporre il concordato in qualsiasi momento. Il fallito invece, non può proporlo prima che sia trascorso un anno dalla dichiarazione di fallimento e dopo che siano trascorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. L’ipotesi più frequente nella pratica è l’offerta di pagamento in percentuale e dilazionato.

Rispetto al passato è stato soppresso il vincolo che imponeva di soddisfare per intero i creditori privilegiati. La proposta dei creditori o del terzo può inoltre prevedere che persone diverse dal fallito assumano la veste di obbligato principale. In questo caso si ha la figura del assuntore del concordato, che può obbligarsi in solido col fallito (accollo cumulativo) o restare il solo obbligato, se si prevede la liberazione immediata del fallito da ogni debito (accollo liberatorio).

La proposta di concordato è soggetta al preventivo esame del giudice delegato, il quale ordina, dopo gli adempimenti preliminari, la comunicazione della proposta e dei relativi pareri ai creditori, fissando il termine (non inferiore a 20 giorni e non superiore a 30) entro il quale gli stessi devono fare pervenire c/o la cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di dissenso.

Per l’approvazione della proposta è richiesta la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Se il concordato è approvato il tribunale fallimentare procede alla sua omologazione e valuta la regolarità della procedura. Dopo l’omologazione, il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al fallimento. I suoi effetti cessano per risoluzione o annullamento.

Nel primo caso la risoluzione è pronunciata dal tribunale con sentenza, su richiesta di ciascun creditore, quando:

a) non vengono costituite le garanzie promesse;

b) il proponente non assolve gli obblighi derivanti dal concordato.

Nel secondo caso l’annullamento è disposto dal tribunale, quando si scopre che il passivo era stato dolosamente esagerato o che una parte rilevante dell’attivo era stata sottratta. Nell’uno e nell’altro caso si riapre automaticamente il fallimento.

 

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