La disciplina degli organi della s.r.l. è l’aspetto su cui la riforma del 2003 ha inciso con maggior profondità valorizzando al massimo l’autonomia statutaria, anche se il modello base di partenza resta pur sempre la tripartizione assemblea-organo amministrativo- collegio sindacale propria della s.p.a. Molte sono però le modifiche rispetto al sistema previgente. Così l’assemblea dei soci degrada da organo essenziale ad organo solo eventuale per una serie di decisioni dei soci.

Le materie rimesse alle decisioni dei soci di s.r.l. sono ora definite in maniera autonoma e sono più ampie rispetto alle competenze dell’assemblea nella s.p.a. sono rimesse inderogabilmente alla decisione dei soci:

1) l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;

2) la nomina degli amministratori, se prevista nell’atto costitutivo;

3) la nomina dei sindaci, del presidente del collegio sindacale e del revisore;

4) le modificazioni dell’atto costitutivo;

5) la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci. E l’atto costitutivo può riservare alla competenza dei soci ulteriori materie.

Con regola opposta rispetto alla s.p.a. si prevede che i soci decidano su qualsiasi argomento sia sottoposto alla loro approvazione dagli amministratori o da tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale.

Su queste materie delibera l’assemblea. L’atto costitutivo può anche prevedere che le decisioni dei soci siano adottate con una procedura più snella, mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In questo caso le decisioni sono adottate con voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale. Dai documenti sottoscritti dai soci deve risultare con chiarezza l’argomento oggetto della decisione ed il consenso alla stessa.

Pur in presenza di tale clausola statutaria, la decisione con metodo assembleare è però necessaria per le modificazioni dell’atto costitutivo, per le decisioni che comportano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modifica dei diritti dei soci, nonché per la riduzione del capitale per perdite obbligatoria. E’ inoltre necessaria quando ne sia fatta richiesta da uno o più amministratori o dai soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale. Anche quando è l’assemblea a dover deliberare, la disciplina della stessa è resa del tutto autonoma da quella della s.p.a. e soprattutto è in larga parte devoluta all’atto costitutivo.

E’ così rimessa all’atto costitutivo la determinazione dei modi di convocazione, purchè gli stessi siano tali da assicurare la tempestiva informazione degli argomenti da trattare. In mancanza, l’assemblea è convocata dagli amministratori con lettera raccomandata spedita ai soci, almeno otto giorni prima dell’adunanza, nel domicilio risultante dal libro dei soci. Non è quindi necessaria la pubblicazione dell’avviso di convocazione nella Gazzetta Ufficiale.

Possono intervenire in assemblea tutti i soci che risultano iscritti nel libro dei soci, anche se l’iscrizione è avvenuta il giorno stesso dell’adunanza. Per la rappresentanza in assemblea non operano le limitazioni previste per la s.p.a. Il voto dei soci vale in misura proporzionale alla partecipazione. Le maggioranze richieste per l’approvazione delle deliberazioni sono più elevate che nella s.p.a.

L’assemblea ordinaria è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta del capitale intervenuto. Per le modificazioni dell’atto costitutivo è però necessario il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. Non è prevista un assemblea di seconda convocazione con maggioranze ridotte, che però può essere introdotta dall’atto costitutivo. L’attuale disciplina prevede invece espressamente l’assemblea totalitaria.

Parzialmente autonoma è anche la disciplina dell’invalidità delle decisioni dei soci.

Le decisioni che non sono prese in conformità dalla legge o dell’atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito anche individualmente, nonché da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Quindi non si richiede, come per la s.p.a. che l’impugnazione venga proposta dai soci che rappresentano una determinata percentuale del capitale.

Identica disciplina è dettata per le decisioni adottate col voto determinante dei soci in conflitto di interessi. Il tribunale può assegnare un termine massimo di 180 giorni per l’adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità. In tal caso, come nella s.p.a. la sostituzione sana retroattivamente la decisione invalida e fa salvi i diritti acquistati medio tempore dai terzi.

Possono invece essere impugnate da chiunque ne abbia interesse, entro 3 anni, le decisioni aventi oggetto impossibile o illecito e quelle prese in assenza assoluta di informazione.

Infine possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite.

Per il resto è fatto rinvio alla disciplina dell’invalidità delle delibere della s.p.a.

 

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