Per assicurare a tutti i legittimati la possibilità di partecipare all’assemblea, la legge prevede la necessità che essa sia preceduta dalla sua convocazione.

Di regola il potere di convocare l’assemblea spetta all’organo amministrativo (propulsore), e questo perché le deliberazioni assembleari, in concreto, altro non fanno che approvare o non approvare proposte formulate dagli amministratori. Quanto detto, comunque, non deve farci credere che la convocazione dell’assemblea sia sempre rimessa alla discrezionalità dell’organo amministrativo.

Tra i casi in cui la convocazione è obbligatoria, l’esempio centrale è quello dell’assemblea annuale (art. 2364 co. 2), la quale deve essere convocata entro il termine stabilito dallo statuto, di regola non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un termine più lungo, ma comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato, oppure quando lo richiedano particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società.

Gli altri casi di convocazione obbligatoria sono particolari e ricorrono:

  • quando venga meno la maggioranza degli amministratori.
  • quando, in seguito al venir meno di alcuni sindaci, non si arrivi con i supplementi a completare il collegio sindacale.
  • quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite.
  • quando l’oggetto sociale sia stato conseguito o sia sopravvenuta l’impossibilità di conseguirlo.
  • quando si renda necessaria la nomina dei liquidatori e la fissazione dei criteri di liquidazione.
  • quando si debba procedere all’alienazione o all’annullamento di azioni proprie o della società controllante, illegittimamente acquistate o mantenute.
  • quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale (art. 2367 co. 1), a patto che nella domanda siano indicati gli argomenti da trattare e che su di essi non vi sia l’obbligo di deliberare su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta (co. 3).

Il potere di convocazione, come detto, spetta di regola all’organo amministrativo. In casi particolari, tuttavia, è prevista anche la competenza di altri, e precisamente:

  • del collegio sindacale, il quale vi è obbligato:
    • qualora gli amministratori non provvedano ad una convocazione obbligatoria.
    • (previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione) quando il collegio ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere.
    • quando vengano a mancare tutti gli amministratori o l’unico amministratore.
    • in caso di denunzia di fatti censurabili presentata da un ventesimo del capitale sociale.
    • del tribunale, che vi provvede:
      • quando né gli amministratori né i sindaci diano corso alla richiesta di convocazione fatta dal decimo del capitale sociale (art. 2367 co. 2). In questo caso, il tribunale prima deve sentire i componenti degli organi amministrativi e di controllo e valutare se il rifiuto di convocazione sia giustificato, mentre poi, se tale giustificazione non sussista, deve ordinare la convocazione dell’assemblea, designando la persona che dovrà presiederla.
      • in caso di denuncia di gravi irregolarità.
      • dell’amministratore giudiziario.
      • dei liquidatori.
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