A norma del 1° co. dell’art. 844 c.c. il proprietario può opporsi alle immissioni di fumo o calore, esalazioni, rumori o scuotimenti provenienti dal fondo del vicino se superano la normale tollerabilità. A norma del 2° co. l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze di produzione con le ragioni della proprietà.

Tale articolo non fornisce alcun criterio per stabilire quali immissioni siano da considerare tollerabili e quali no. Il criterio della condizione dei luoghi e della priorità dell’uso è di carattere facoltativo, così che la valutazione sulla tollerabilità delle immissioni resta, di fatto, affidata all’apprezzamento del giudice. L’esperienza concreta ha finto per modellare regole giurisprudenziali che ormai sono un corpo interpretativo della materia.

Si è cercato di ancorare la disciplina delle immissioni ad un quadro di certezze attraverso il recupero di logiche sottostanti alle norme sui rapporti di vicinato. E’ sembrato evocare una medesima ratio l’art. 890 c.c. (Distanza per fabbriche o depositi nocivi o pericolosi), secondo bisogna osservare le distanze stabilite dai regolamenti e in mancanza quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza. Tale norma fissa, ai fini dell’esperibilità della tutela proprietaria, due parametri valutativi significativi: col primo fa riferimento al rispetto dei regolamenti di settore; col secondo richiama, in assenza di regolamenti, la necessità di preservare i fondi di vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza.

L’opposizione del proprietario si traduce in un’azione ex art. 949 c.c rivolta ad ottenere una sentenza inibitoria, destinata ad imporre al vicino l’obbligo di cessare le immissioni. Analogo risultato può essere ottenuto in sede possessoria con l’azione di manutenzione ex art. 1170 c.c., nonché in sede di urgenza con la richiesta di un provvedimento cautelare e anticipatorio del merito ex art. 1172 c.c. Nel caso di immissioni causate da attività produttive la giurisprudenza ritiene, dato il silenzio del codice civile, che il proprietario che le subisce abbia diritto ad una indennità corrispondente alla diminuzione del valore del fondo; immissioni intollerabili ma lecite, che quindi non hanno origine nell’ipotesi delittuale prevista dall’art. 2043 c.c.

Per altri il fondamento di tale indennità va ricercato in una responsabilità oggettiva o aquiliana resa lecita dalla sentenza del giudice. La dottrina discute sulla possibilità di tenere distinte le due ipotesi regolate dall’art. 844. Coloro che sono favorevoli a questa distinzione ritengono che il legislatore abbia col 2° co. voluto limitare l’interesse privato al godimento fondiario in favore dell’interesse collettivo allo svolgimento delle attività produttive. Si osserva che la comparazione degli interessi in conflitto vada limitata ai soli valori economici.

Per contro, la disposizione non assicurerebbe alcuna protezione forte (salva la protezione contro le immissioni nocive per la salute) ai valori d’uso del bene. Il giudice dovrà perseguire “l’ottimo sociale” mediante un confronto tra i costi economici delle diverse soluzioni, accertando se le immissioni possano essere eliminate o ridotte con costi accettabili; potrà sempre prendere in considerazione l’ipotesi di proibire lo svolgimento dell’attività immissiva, specie se questa comporti immissioni pericolose per la salute. Solo in via residuale tutela l’immittente, cioè dovrà accertare non solo la meritevolezza sociale dell’atto immissivo ma anche la compatibilità di quest’ultimo con gli interessi del proprietario che subisce l’immissione.

La dottrina si è interrogata sulla possibilità di estendere l’ambito di applicazione della norma alla tutela dell’ambiente e della salute. A tal proposito secondo la tesi prevalente l’art. 844 c.c tutela esclusivamente la protezione della proprietà, così da non poter essere applicato quando si prospetti un problema di tutela dei beni della personalità, del diritto alla salute o di interessi collettivi rilevanti. La lesione di siffatti diritti trova altrove la sua protezione. Infatti il proprietario in quanto tale non è rappresentante di interessi collettivi.

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