Le azioni che tutelano la proprietà (rivendica, negatoria, regolamento di confini e apposizione di termini, denuncia di nuova opera e di danno temuto) mirano a proteggere un assetto distributivo già dato ed è diretto a risolvere conflitti di titolarità o di godimento. Anzitutto le azioni reali svolgono una funzione di accertamento che ha lo scopo di rendere stabilmente irrilevante tra le parti ogni contestazione del diritto reale. L’accertamento, a sua volta, serve da presupposto per ottenere la condanna del convenuto. Si ritiene che esistano anche azioni di mero accertamento di diritti reali, cioè non finalizzate ad ottenere una condanna e destinate a risolversi nella sola dichiarazione dell’esistenza o dell’inesistenza del diritto fatto valere.

La tutela reale è caratterizzata dal fatto che la proprietà è dedotta nel processo nella sua interezza. Sarebbe tuttavia difficile pensare che la proprietà entri nel processo nel suo schema originario di diritto erga omnes, caratterizzato cioè da facoltà e pretese riconosciute al proprietario e da un generale obbligo di astensione di tutti i consociati. Invero con gli artt. 948 e 949 c.c. il legislatore ha scomposto tale obbligo di astensione e ha ammesso la scindibilità processuale del rapporto assoluto in una serie di rapporti bilaterali, col risultato che non potranno essere pronunciati provvedimenti erga omnes.

In questo modo la proprietà compare nel processo come schema semplice in cui ai poteri ed alle facoltà del proprietario si contrappone la soggezione di uno solo dei consociati e permette di precisare che nell’azione reale di mero accertamento la certezza giuridica perseguita in giudizio coinvolge la sola posizione del convenuto.

Osserviamo che l’art. 948 c.c. ammette la possibilità che l’azione di rivendica, quando il convenuto si sia spogliato del bene oggetto di rivendica, si converta (previa istanza) in una azione tendente ad ottenere la prestazione del tantundem oltre al risarcimento del danno; l’art. 949 c.c. prevede, oltre all’accertamento della libertà della cosa da diritti altrui e alla inibitoria di molestie e turbative, anche il risarcimento del danno. Allora possiamo affermare che la proprietà risulta tutelata non solo da rimedi specifici, ma anche da rimedi risarcitori.

Le azioni petitorie hanno carattere nominato nel senso che è lo stesso legislatore a indicarne i presupposti e il risultato pratico-giuridico (l’utilità) perseguito in giudizio.

A) L’azione di rivendica ex-art. 948 c.c. tende: all’accertamento del diritto di proprietà (con autorità di cosa giudicata); in funzione della consegna o del rilascio del bene rivendicato mediante spossessamento del convenuto.

Questa azione rappresenta un rimedio generale ed è sottoposta ad un rigido onere probatorio nel senso che l’attore in rivendicazione ha l’onere di fornire la prova della sua titolarità mediante la dimostrazione di un acquisto diretto a titolo originario, di norma l’usucapione; ovvero risalendo a ritrovare, se necessario, attraverso la serie continua dei titoli dei suoi danti causa sino a dimostrare un periodo utile per l’acquisto a titolo originario. Secondo la giurisprudenza, tale onere è meno gravoso se il convenuto: presuppone la proprietà dell’attore; eccepisce usucapione successiva al titolo del rivendicante o ammette che l’attore era originariamente proprietario; riconosce che il bene apparteneva al dante causa dell’attore.

L’azione ha carattere eccezionale in materia mobiliare. Invero la rivendicazione mobiliare – una volta che l’attore abbia provato di essere divenuto proprietario della cosa rivendicata – sposta l’onere della prova sul convenuto che invochi tutela ex art. 1153 c.c. (non essendo il titolo, a differenza della buona fede, presunto).

B) L’azione negatoria ex art. 949 c.c. tende: all’accertamento dell’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa; ed eventualmente ad ottenere la cessazione delle turbative o delle molestie.; alla condanna al risarcimento del danno.

Tale azione rappresenta il cuore della tutela apprestata dall’ordinamento a protezione del godimento e dello sfruttamento del bene. La stessa giurisprudenza applica l’art. 949 c.c. come rimedio generale a tutela del libero ed esclusivo godimento della cosa. L’attore deve solo provare di essere proprietario, mentre il convenuto dovrà provare l’esistenza della servitù o di altro diritto reale minore.

Si ritiene che questa azione sia perfettamente speculare a quella cd. confessoria ex art. 1079 c.c. nella quale è possibile distinguere sia l’azione di accertamento (Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l’esistenza) che quella di condanna (cessazione di impedimento e turbative, risarcimento del danno). Le azioni di accertamento previste dagli artt. 949 e 1079 c.c. hanno sempre natura di azioni reali, mentre le azioni di condanna hanno natura personale.

C) L’azione di regolamento dei confini, prevista dall’art. 950 c.c. tende a stabilire giudizialmente i confini tra fondi contigui. Appartiene alle azioni di accertamento con la particolarità di dare luogo ad un duplice accertamento dei diritti di proprietà di entrambe le parti, su un lato e sull’altro del confine. Quindi l’onere della prova grava sia sull’attore che sul convenuto. Secondo la giurisprudenza, infatti, l’azione non viene esercitata a vantaggio di un fondo ed in danno di un altro, ma nell’interesse comune alla certezza dei confini. Questa azione presenta il carattere della rivendica quando si determina un conflitto di titoli su di una determinata zona di confine, mentre presenta il carattere dell’actio finium quando si resta nell’ambito di un conflitto di fondi.

D) L’azione di apposizione di termini, disciplinata dall’art. 951 c.c. presuppone la certezza dei confini e tende a stabilire a carico dei proprietari di fondi contigui le spese necessarie per apporre termini tra le due proprietà.

E) Le azioni di denuncia di nuova opera e di danno temuto, disciplinate dagli artt. 1171 e 1172 c.c., possono essere invocate dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale di godimento o dal possessore quando si ha ragione di temere che da una nuova opera intrapresa sul proprio o sull’altrui fondo stia per derivare danno alla cosa che forma oggetto del diritto reale o del possesso; oppure che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa possa derivare il pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che è oggetto del diritto reale o del possesso. Queste azioni danno luogo ad una tutela cautelare al fine di prevenire o arrestare il danno in itinere.

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