La responsabilità contrattuale si pone in esito alla violazione di un obbligo funzionale alla realizzazione del diritto, la responsabilità extracontrattuale in esito alla lesione tout court di un diritto: la responsabilità aquiliana è sanzione di un danno che consegua da ogni lesione di situazioni soggettive che non si configuri come violazione di un obbligo.
{Diverso è l’insegnamento tradizionale nelle parole di Roberto de Ruggiero, che identifica con l’alterum non laedere quella che nel codice vigente diventerà l’ingiustizia del danno.
Nel momento in cui per la dottrina attuale l’ingiustizia coincide invece con la lesione di una situazione soggettiva, il fraintendimento non è più possibile}.
Questo significa che nella responsabilità extracontrattuale si deve trovare in primo luogo se ricorra una situazione soggettiva, la cui lesione produce ingiustizia: non così nella responsabilità contrattuale.
Poiché la responsabilità contrattuale muove dal presupposto dell’esistenza di un obbligo che si assume violato, non si pone in essa una questione circa l’ingiustizia.
L’ingiustizia infatti è presupposto essenziale del sorgere ex novo di un’obbligazione (di risarcimento), laddove nella responsabilità contrattuale il vinculum iuris esiste già e la responsabilità ne diventa un modo altro di perseguire lo stesso interesse in funzione del quale il rapporto è stato costituito.
Questo spiega anche perché, mentre nel torto extracontrattuale la colpa è elemento costitutivo della responsabilità e cioè di un’obbligazione risarcitoria tra due soggetti fino ad allora irrelati, nella responsabilità contrattuale (esistendo già il vinculum iuris) la colpa non può esplicare quella funzione costitutiva di un’obbligazione che invece le è propria nella responsabilità aquiliana.
Nella responsabilità contrattuale è l’obbligazione medesima che, in quanto si traduce nella necessità giuridica dell’adempimento, dà vita a responsabilità per il fatto stesso della sua mancata attuazione, talché solo l’impossibilità di adempiere esclude la responsabilità ma nel momento stesso in cui e per la ragione che estingue l’obbligazione (1256: Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea).
{Luigi Mengoni dice che presupposto della responsabilità è l’inadempimento: essa non è fondata sul principio della colpa, bensì sul vincolo di garanzia inerente per sua natura al rapporto obbligatorio.
Questo profilo strutturale sembra ignorato da Francesca Giardina, secondo cui in comune le due figure di responsabilità hanno il fondamento: criterio di imputazione è, per entrambe, la colpa}.
Quanto agli obblighi di protezione, essi, nel costituire un preciso dovere di comportamento volto a tutelare una specifica sfera giuridica altrui, segnano la diversità dalla responsabilità aquiliana.
Quest’ultima infatti è caratterizzata ab origine dall’assenza di doveri di comportamento rivolti a favore di persone determinate: colui che non è vincolato da obblighi è totalmente libero fino a quando non si verifichi la lesione del diritto altrui, salvo che non ricorrano gli estremi di un’azione inibitoria; tale lesione genera la responsabilità, la quale per definizione non si situa in esito ad un vinculum iuris, ma ne rappresenta il sorgere.
La responsabilità da violazione di un obbligo di protezione, al contrario, presuppone appunto un obbligo e perciò si configura come infrazione di un rapporto che lega già i soggetti della fattispecie di danno.
La conferma della differenza di struttura della responsabilità aquiliana e di quella contrattuale rende impraticabile l’idea di ridurre ad una sorta di responsabilità unificata all’insegna della prima le ipotesi dalle quali abbiamo preso le mosse.
{Massimo Franzoni, in Trattato della responsabilità civile, Milano 2004, affronta nella stessa opera, sotto lo stesso titolo, insieme alla responsabilità extracontrattuale quella contrattuale, a sua volta etichettandola “illecito contrattuale” e addirittura parlando dell’inadempimento come fatto illecito.
Un’impostazione ed una dicitura simili favoriscono l’idea che le due responsabilità abbiano struttura comune, e che anzi la responsabilità contrattuale sia una sottospecie di quella aquiliana; col risultato di sentir porre la domanda circa l’ingiustizia del danno in materia di responsabilità, domanda che non ha senso perché nella responsabilità contrattuale è il danno come pura perdita patrimoniale a rilevare.
Sul piano del merito poi il nostro Codice civile disciplina testualmente i fatti illeciti nel Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo IX (Dei fatti illeciti), e questo dovrebbe bastare per evitare di usare tale categoria fuori dall’àmbito della responsabilità aquiliana}.
Questo potrebbe sembrare contraddetto dall’affermazione nell’esperienza tedesca delle Verkehrspflichten, considerate doveri di comportamento dalla cui violazione nascerebbe responsabilità contrattuale: ma si tratta appunto di doveri (di essi non sono beneficiari soggetti determinati come creditori).
Occorre verificare a questo punto la possibilità di concepire una terza forma di responsabilità tra le due da sempre note o, secondo l’ultima delle ipotesi prospettate in esordio, ribadire che tra responsabilità aquiliana e responsabilità contrattuale tertium non datur.