Dall’analisi del 18 l. 349/1986 come norma di reazione specifica al danno ambientale è emersa la questione del concorso o dell’esclusività del 18 medesimo rispetto alla disciplina del 2043.

Dal confronto le due fattispecie appaiono concepite in maniera diversa, e sul terreno degli effetti si coglie un’analoga differenza: si è parlato di profili sanzionatori in senso stretto, che nel corpo del 18 l. 349/1986 si aggiungerebbero a quelli puramente risarcitori.

Sul piano della fattispecie, la differenza è data anzitutto dal fatto che ai fini dell’integrazione dell’illecito contro l’ambiente è necessario che ricorra la violazione di una norma di legge altra dal 18 o di provvedimenti adottati in base a legge.

In ragione di ciò si è parlato di tipicità a proposito della fattispecie di illecito disegnata dal 18.1.

Inoltre nella medesima fattispecie non ricorre il sintagma “danno ingiusto”, adoperato nel 2043 (Risarcimento per fatto illecito), ma, omessa l’ingiustizia, si fa riferimento semplicemente al danno inferto all’ambiente attraverso deterioramenti, alterazioni o distruzioni.

La dir. CEE 35/2004 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale distingue invece al 3 due fattispecie:

  1. la prima riguarda il danno ambientale, definito al 2 come danno alle specie e agli habitat naturali protetti, vale a dire qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat, del quale rispondono determinate attività professionali elencate nell’allegato III (ad es., operazioni di gestione dei rifiuti);
  2. la seconda riguarda il danno alle specie ed agli habitat naturali quando esso sia causato da un’attività non elencata nell’allegato III, la quale però risponde soltanto per dolo o colpa.

La prima fattispecie, che nella proposta di direttiva era di responsabilità oggettiva, nella direttiva è diventata una fattispecie simile a quella del 2050 (Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose).

Infatti l’8 prevede che l’operatore non è tenuto ai costi di riparazione se può provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:

a) è stato causato da un terzo, e si è verificato nonostante l’esistenza di opportune misure di sicurezza, o

b) è conseguenza dell’osservanza di un ordine o istruzione obbligatori impartiti da una autorità pubblica.

Gli operatori sono tenuti a sostenere i costi delle misure di prevenzione necessarie quando esista una minaccia imminente di danno (5).

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