L’altra norma di carattere generale cui si è accennato è indicata come il polo opposto dell’intero sistema degli interessi. In primo luogo si è affermato che diventano produttivi di interessi moratori anche i debiti esigibili ma non liquidi. Secondo una parte della letteratura civilistica gli interessi sulle somme dovute a causa del fatto illecito hanno difatti natura moratoria, sebbene l’art. 2056 non faccia rinvio espresso all’art. 1224. In secondo luogo, se vi è mora, gli interessi sono dovuti pure se le parti o la legge abbiano escluso la produzione di interessi corrispettivi su debiti, oltre che liquidi, anche esigibili. In terzo luogo, gli interessi moratori sono sempre automatici: lo sono anche quando la situazione di mora è automatica; altrimenti presuppongono un atto di costituzione in mora. (1219)
In ogni caso gli interessi moratori hanno la funzione di consentire una liquidazione automatica e forfettaria del danno che il creditore abbia subito a causa della situazione di mora. Gli interessi sono dovuti secondo la regola del codice; altrimenti sono dovuti nella misura superiore fissata dalle parti. Il debito degli interessi è previsto secondo una misura determinata in denaro e al pari di ogni altro debito di valuta è soggetto al principio nominalistico. In tempi di inflazione gli interessi di mora compensano soltanto parzialmente il pregiudizio subito dal creditore a causa della perdita del potere di acquisto della moneta.
La legge fa salva la prova di aver subito un maggior danno a causa del ritardo del debitore nel pagamento del debito. Se la prova ha successo, la somma pari al danno ulteriore si aggiunge all’importo corrispondente all’entità del danno già riparato in via forfettaria con il versamento degli interessi legali. I giudici con oscillazioni influenzate anche dalla diversa gravità delle situazioni economiche delle varie epoche, hanno cercato di attenuare anche per questa via indirettamente le iniquità del principio nominalistico, sebbene la previsione testuale dell’art. 1224 non lasci molti margini alle valutazioni discrezionali.
Non ha avuto successo il tentativo di considerare provata la maggiore gravità del danno sulla base del semplice riferimento al fatto notorio dell’inflazione: tanto equivarrebbe a cancellare la norma di cui all’art. 1224 e a sostituirla con un’altra che preveda per tutti i creditori il diritto automatico alla rivalutazione uniforme dei loro crediti, in aperta deroga al principio nominalistico. L’indirizzo che si è affermato è più conforme agli enunciati del codice: sono esclusi i risarcimenti automatici e uniformi, ma è ammesso il ricorso alle presunzioni secondo il metodo della razionalizzazione per gruppi sintomatici di casi.
In tal modo l’onere probatorio del maggior danno non è vanificato del tutto, nel rispetto delle regole sulle obbligazioni pecuniarie. La regola articola la presunzione del maggior danno da inflazione con riguardo alle seguenti classi di creditori: 1) creditori-imprenditori, i quali avrebbero diritto alla differenza fra l’interesse legale e l’interesse attivo praticato dalle banche;
2) creditori-risparmiatori;
3) creditori-investitori;
4) creditori modesti consumatori, che abitualmente spendono il denaro per i bisogni familiari e personali, i quali avrebbero diritto al risarcimento pari all’indice di svalutazione ISTAT.
Certo è che la categoria dei modesti consumatori sempre più spesso è sottoposta a un difficile confronto con il trattamento assicurato per legge alla classe dei lavoratori subordinati. Si sa che a questi ultimi le conseguenze negative del principio nominalistico più non si applicano in maniera assoluta per effetto del provvedimento legislativo che ha portato a una significativa modificazione del codice di procedura civile con riguardo al processo del lavoro. L’art. 429 c.p.c. è ormai interpretato nel senso dell’automatico adeguamento dei crediti scaduti del lavoratore al valore reale della moneta al momento del pagamento, sempre secondo l’indice dei prezzi elaborato dall’ISTAT. Gli interessi di mora hanno assunto inoltre rilievo nella materia dei crediti pecuniari dei cittadini verso lo Stato. L’obbligazione dello stato si esegue presso l’ufficio stesso della pubblica amministrazione. Nel caso di interessi di mora l’applicazione delle regole generali del codice civile sembra ormai prevalere in maniera costante. Talvolta si precisa che l’atto di costituzione in mora non può essere surrogato da una semplice domanda amministrativa, lì dove la pubblica amministrazione abbia dato inizio e corso al conseguenziale procedimento.