Critiche all’inquadramento del potere di ri­soluzione nell’ambito del potere di disposi­zione “novativa»

Parte della dottrina più recente esclude che la risoluzione per inadempimento sia inquadrabile nell’ambito del potere dispositivo novativo del credito. Tale assunto si basa essenzial­mente su tre considerazioni:

il riferimento del rimedio della risoluzione del contratto alla tutela dell’interesse della parte non inadempiente non giustifica l’attuazione della stessa tutela mediante l’esercizio del potere dispositivo novativo, in quanto l’interesse stesso può attuarsi anche incidendo in via diretta ed immediata sull’interesse dell’inadempiente;

non è possibile fare riferimento alla volontà della parte che si avvale del rimedio in oggetto, che risulterebbe, tra l’altro solo presunta;

lo strumento così costruito risulterebbe avere come effetto diretto ed immediato la disposizione di un diritto della parte che si vuole tutelare, mentre gli effetti favorevoli nei suoi confronti sarebbero solo indiretti e mediati.

Superamento di tali critiche e conferma del­la teoria che include il potere dispositivo novativo nel diritto soggettivo

Le considerazioni critiche su esposte, però, non sono accoglibili in quanto muovono da presupposti errati e da un non corretto inquadramento della fattispecie.

In primo luogo non è mai stato negato:

che conseguano come effetti diretti della risoluzione del contratto per inadempimento sia il potere di disporre del proprio diritto da parte del soggetto che si vuole tutelare, sia la corrispondente perdita dell’obbligo incombente alla parte inadempiente;

che la tutela dell’interesse della parte non inadempiente viene attuata mediante l’imposizione di una perdita alla controparte. Del resto il riferimento alla volontà della parte non inadempiente si giustifica in considerazione della elettività del rimedio in esame. La scelta della risoluzione del contratto piuttosto che dell’adempimento coattivo va riferita all’interesse che in concreto emerge. In particolare, l’interes­se della parte che agisce per la risoluzione non è quello all’ottenimento dell’oggetto del proprio diritto, quanto alla liberazione dall’obbligo corrispettivo.

Né vanno accolte quelle critiche che ricollegano al potere dalla parte non inadempiente a recedere dal contratto un carattere sanzionatorio dell’inadempimento della controparte, in quanto non è assolutamente individua bile nel rimedio in esame tale carattere afflittivo (sulla impossibilità di configurare la risoluzione del contratto come rimedio di tipo sanzionatorio si legga il saggio sulla «Risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. e “sanzione per l’inadempimento’’ trattato in precedenza).

Per quanto attiene, infine, alla validità dell’opinione che afferma sussistere, accanto al potere dispositivo di colui che agisce per la risoluzione del contratto, anche quello novativo, vale osservare che se si include nell’esercizio di un diritto soggettivo il potere di disporre di tale diritto, non può escluder­si chela REALIZZAZIONE DITALE DIRITTO avvenga non solo mediante il conseguimento del bene originariamente dedotto in contratto, ma anche attraverso il conseguimento di un QUID DIFFERENTE da quello dovuto.

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