Il silenzio è l’inerzia dell’amministrazione. Il nostro ordinamento conosce varie forme di silenzio: silenziorigetto, silenzio significativo, silenzio-inadempimento, silenzio-devolutivo. La regola, salvo disposizione contraria quando l’amministrazione rimane inerte, è quella del silenzio-assenso, che è una delle tipologie del silenzio significativo.

La figura del silenzio è nata nell’ambito della giustizia amministrativa per ovviare all’inerzia dell’amministrazione a seguito del ricorso presentato dal privato.

In particolare ci si preoccupò di prevedere rimedi nelle ipotesi di inerzia dell’amministrazione a fronte di una istanza volta ad ottenere non già una decisione su ricorso, bensì il rilascio di un provvedimento favorevole.

In un primo tempo la giurisprudenza, applicando in via analogica l’art. 25, t.u. impieg. civ. dello Stato n. 3/57, relativo alla responsabilità dei dipendenti, ha ritenuto che tale silenzio inadempimento si formasse nel modo seguente:

istanza del privato; inutile decorso di 60 gg; notifica della diffida a provvedere

– ulteriore decorso di 30 gg. A questo punto il privato poteva impugnare il silenzio nei termini di decadenza ( 60 gg.).

Come si nota, tutta l’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale in tema di silenzio – inadempimento non è che un tentativo di individuare un meccanismo per consentire l’accesso alla tutela in un sistema in cui occorre impugnare un atto. il legislatore è oggi intervenuto disciplinando uno specifico ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, il quale sembra riferibile all’ipotesi di silenzio-inadempimento.

Nell’ipotesi di silenzio-significativo , l’ordinamento collega al decorso del termine la produzione di un effetto equipollente all’emanazione di un provvedimento favorevole( silenzio-assenso) o di diniego (silenzio- diniego) a seguito di istanza del privato titolare di un interesse pretensivo. In questi casi l’ordinamento collega all’inerzia un determinato valore provvedimentale. Dato che i casi più importanti di silenzio-significativo sono costituiti da ipotesi di silenzio–assenso, l’istituto rappresenta un rimedio all’inerzia dell’amministrazione che si risolve in un vantaggio per il privato che ha presentato istanza: si tratta di un risultato direttamente favorevole sul piano sostanziale mentre negli altri casi di silenzio il vantaggio è unicamente quello di potere adire il giudice amministrativo.

Pochi sono i casi di silenzio-diniego che vanno espressamente previsti dalla legge: un es. è costituito dalla fattispecie disciplinata dall’art. 25 l. 241/90 in materia di accesso ai documenti amministrativi.

Più rilevante è il campo di applicazione del silenzio-assenso che a seguito della modifica introdotta dal d.l. 35/2005 , convertito in l. 80/05 , costituisce oggi la regola nel nostro ordinamento per i procedimenti ad istanza di parte , pur se temperata da una serie di importanti eccezioni.

Il presupposto del silenzio-assenso è quello secondo cui , fatta salva l’applicazione dell’art. 19( che attiene alla d.i.a.) , nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio dei provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze e diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato , nel termine di cui all’art. 2, il provvedimento di diniego , ovvero non indice una conferenza di servizi. Il campo d’applicazione dell’istituto in pratica coincide con i procedimenti ad istanza di parte.

Il c. 4 tipizza una serie di eccezioni in ordine alle quali il silenzio non può valere come assenso ma va qualificato come silenzio-inadempimento: la deroga opera con riferimento ai casi di procedimenti “riguardanti”il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, i casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, i casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza. L’art. 20 ha comunque cura di precisare che il silenzio opera fatta salva l’applicazione dell’art. 19.

Al fine di evitare la formazione del silenzio, l’amministrazione competente può operare in tre modi, due dei quali sono previsti dall’art. 20:

a) può provvedere espressamente, atteso che rimane fermo il principio di cui all’art. 2 in forza del quale l’amministrazione ha il potere/dovere di provvedere con atto espresso.

b) Ai sensi dell’art. 20, 1 c., poi, può comunicare all’interessato il provvedimento di diniego nel termine di cui all’art. 2 ( in assenza di diversa determinazione esso è di 90 gg.)

c) L’amministrazione può infine adire, entro 30 gg. dalla presentazione dell’istanza di cui al 1 co. una conferenza di servizi, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche dei controinteressati.

Successivamente alla formazione del silenzio, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, che è considerato un potere discrezionale, ai sensi degli art. 21 quinquies (revoca) e 21 nonies (annullamento d’ufficio e convalida). Il richiamo a questi poteri sembra confermare l’opinione secondo cui, a seguito del silenzio-assenso, l’amministrazione non potrà più provvedere tardivamente in modo espresso (anche se sul punto la giurisprudenza è oscillante).

In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni il dichiarante è punito con la sanzione di cui all’art. 483 c.p.

Restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all’attività ai sensi dell’art. 19 e 20.

Si ribadisce che in virtù dell’art. 20 l. 241/90 il silenzio è equiparato al provvedimento favorevole. La circostanza che l’amministrazione disponga di un potere amministrativo , ancorché non lo eserciti emanando un provvedimento, ha come conseguenza che il privato, autorizzato a svolgere una certa attività a seguito del formarsi del silenzio , trova il titolo legittimante dell’attività stessa non già direttamente nella legge, bensì negli effetti collegati al silenzio.

Il silenzio-inadempimento o silenzio rifiuto è un mero fatto.

Il suo campo d’applicazione si ricava dalla lettura dell’art. 2 in combinato disposto con l’art. 20.

Siffatto ambito è quello in cui operano le eccezioni al silenzio- assenso e concerne le ipotesi in cui l’amministrazione , sulla quale grava il dovere giuridico di agire emanando un atto amministrativo a seguito dell’istanza, ometta di provvedere a conclusione di “procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale”, nei casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali….

Si tratta di ipotesi molto rilevanti, che attengono in gran parte a interessi critici : il silenzio –inadempimento continua ad essere un istituto centrale nel diritto amministrativo, la disciplina dell’istituto si ricava dall’art. 2 l. 241/90 : trascorso il termine fissato per la conclusione del procedimento, il silenzio può ritenersi formato.

A partire da tale momento, senza necessità di ulteriore diffida, decorre il termine per proporre ricorso giurisdizionale, volto ad ottenere una pronuncia con cui il giudice ordina all’amministrazione di provvedere di norma entro un termine non superiore a 30 gg. , potendosi spingere a conoscere della fondatezza dell’istanza.

In passato parte della giurisprudenza richiedeva un’ulteriore diffida e l’inutile decorso del termine di 30 gg. ai sensi dell’art. 25 , d.p.r. 3/57.

Il ricorso può essere proposto fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini per provvedere. Sembrano ammessi provvedimenti tardivi, anche perché non c’è stato alcun esercizio del potere salvi ovviamente i profili di eventuale responsabilità dell’amministrazione.

L’art. 21-bis l. tar dispone che il commissario, nominato nel caso in cui l’amministrazione non abbia provveduto nel termine fissato dal giudice, prima di emanare il provvedimento in via sostitutiva, accerti se l’amministrazione abbia adottato l’atto, “ancorché in data successiva al termine assegnato dal giudice”.

L’atto, illegittimo per violazione della disciplina del termine del procedimento, è qualificato dunque come legittimo direttamente dalla legge.

Il silenzio-rigetto si forma nei casi in cui l’amministrazione, alla quale sia stato indirizzato un ricorso amministrativo, rimanga inerte. Oggi la disciplina è stabilita dal d.p.r. 1199/71 il quale dispone che il ricorso si ritiene respinto decorsi 90 gg dalla presentazione del ricorso gerarchico.

Una tipologia differente di silenzio è quella disciplinata dagli artt. 16 e 17 l. 241/90 : l’inutile decorso del termine consente al soggetto pubblico procedente di completare il procedimento pur in assenza di un parere obbligatorio( art. 16), ovvero di rivolgersi ad un’altra amministrazione al fine di ottenere una valutazione tecnica non resa dall’amministrazione alla quale è stata inizialmente richiesta.

 

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