Come detto, il procedimento può concludersi anche se l’amministrazione non prende alcun provvedimento o non addiviene ad alcun accordo. Il problema del rilievo da dare all’inerzia (c.d. silenzio) dell’amministrazione, tuttavia, è da tempo oggetto di molteplici attenzioni.

Di base il silenzio appare come un fatto di disfunzione organizzativa che deve trovare rimedio: nel caso in cui alla scadenza dei termini il provvedimento non sia emanato, infatti, è possibile rivolgere istanza al dirigente generale o al Ministro perché provvedano.

L’ordinamento, facendo particolare attenzione ai procedimenti ad istanza di parte, tenta di fornire dei rimedi volti a soddisfare gli interessi dei soggetti privati:

  • a vedere accolta la propria richiesta all’amministrazione (interesse principale);
  • a veder presa una decisione entro un termine certo, anche se con un provvedimento per loro insoddisfacente (interesse secondario). In questo modo, infatti, non solo viene eliminata un’incertezza di per sé dannosa, ma si gettano anche le premesse perché il privato, richiedendo la tutela giurisdizionale, possa rendere di nuovo possibile l’ottenimento del provvedimento soddisfacente.

Se l’amministrazione si mantiene inerte, al contrario, viene a mancare sia un provvedimento positivo sia un provvedimento negativo e quindi risultano frustrati tanto l’interesse principale quanto quello secondario.

Silenzio-assenso

L’art. 20 della LPA dispone che, al di fuori dei casi in cui si applica la d.i.a., se l’amministrazione non comunica nei termini previsti dalla stessa LPA il provvedimento di diniego nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, il silenzio dell’amministrazione competente equivale ad un provvedimento di accoglimento della domanda . In questo caso, quindi, il silenzio viene considerato un atto positivo virtuale, come tale revocabile e annullabile.

Con la nuova disciplina del 2005, in particolare, risulta ormai regola generale che l’inerzia della pubblica amministrazione equivale ad accoglimento delle istanze. La stessa LPA, tuttavia, dispone molte eccezioni a tale regola, la quale, infatti, non trova applicazione agli atti e ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, la salute e la pubblica utilità.

Silenzio-rifiuto

La regola generale del silenzio-assenso non opera nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione viene qualificato come rigetto dell’istanza (c.d. silenzio-rifiuto) da altre leggi oppure dai D.P.C.M che la stessa legge sul procedimento autorizza ad emanare. In tal caso, il silenzio può essere impugnato di fronte ad un giudice al pari di un provvedimento espresso di diniego.

Un’ipotesi importante di silenzio-rifiuto è prevista dalla stessa LPA a proposito della richiesta di accesso ai documenti amministrativi che si intende rifiutata dopo che siano trascorsi inutilmente trenta giorni.

Silenzio non impediente

In alcuni casi, la legge considera l’inerzia dell’amministrazione come una semplice circostanza che fa cessare la necessità giuridica di certi atti. Un esempio di questo genere è quello dei pareri obbligatori, atti endoprocedimentali dei quali si può fare anche a meno.

Silenzio come inadempimento e sindacato del giudice

Il problema del silenzio dell’amministrazione, quindi, sembrerebbe risolto:

  • dal ricorso all’istituto della d.i.a.;
  • dall’applicazione della regola generale del silenzio-assenso;
  • dall’applicazione di alcune disposizioni puntuali che, qualificando giuridicamente certe ipotesi di silenzio, consentono agli interessati di adire il giudice per ottenere una tutela.

L’ampiezza delle eccezioni previste, tuttavia, fanno ancora residuare molte ipotesi nelle quali il silenzio dell’amministrazione non ha un significato equiparabile ad un provvedimento espresso.

Le leggi recenti (es. l. n. 205 del 2000) consentono di ottenere una tutela giurisdizionale abbastanza soddisfacente anche nei casi in cui il silenzio è privo di qualsiasi qualificazione giuridica. La nuova disciplina, in particolare, si fonda sulla premessa che il silenzio è sicuramente un comportamento illegittimo quando il procedimento da concludere consegua obbligatoriamente ad una istanza, oppure debba essere iniziato di ufficio , dal momento che costituisce inadempimento al dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso (art. 2 co. 1 della LPA).

Viene anche stabilito che è possibile ricorrere contro il silenzio dell’amministrazione non appena siano decorsi i termini per la conclusione del procedimento e fino a quando permane l’inadempimento, purché entro un anno dalla scadenza di quei termini (co. 5).

Quanto ai poteri del giudice, la l. n. 1034 del 1971 ha previsto che il giudice, se accoglie un ricorso contro il silenzio, ordina all’amministrazione competente di provvedere entro un breve termine e, se questa non adempie, nomina un commissario che provvede in luogo della stessa (art. 21 bis co. 2).

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