Anche nel processo amministrativo la distinzione tra azioni di mero accertamento e di condanna risulta piuttosto problematica:
- chi ritiene che la condanna sia preordinata alla formazione di un titolo esecutivo considera come azioni di condanna solo quelle che possono condurre ad un titolo esecutivo;
- chi considera come pronunce di condanna anche quelle che non si limitano a chiarire una situazione di incertezza ma che impongono espressamente una condotta a carico della parte soccombente risulta evidentemente di parere opposto.
 Questo secondo genere di pronunce, in particolare, sono previste nel giudizio sul silenzio-rifiuto e nel giudizio per l’accesso a documenti amministrativi. Il contenuto ordinatorio delle sentenze è all’origine dell’accostamento alle pronunce di condanna, anche se le sentenze in esame non valgono come titolo per l’esecuzione formata ex art. 474 c.p.c.:
- il silenzio(o silenzio-rifiuto) è la situazione che si verifica quando un’amministrazione non abbia assunto alcun provvedimento, pur in presenza di un dovere di provvedere. Fino alla riforma del 2005 la giurisprudenza sosteneva che il silenzio si formasse dopo che fossero decorsi sessanta giorni dalla presentazione di una richiesta di provvedimento e dopo che fosse stata notificata all’amministrazione una diffida a provvedere entro trenta giorni. La l. n. 80 del 2005 ha invece stabilito che il silenzio si forma alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento, senza la necessità di alcuna diffida. Occorre peraltro tener conto di un’ulteriore sviluppo giurisprudenziale:
- per ammettere una tutela anche in caso di silenzio, in precedenza si assimilava il silenzio a un provvedimento negativo (assimilazione non fondata);
- superata tale assimilazione forzata, attualmente si sostiene che, sebbene non sia configurabile alcun provvedimento da impugnare, il silenzio rappresenti comunque una lesione di un interesse legittimo. La tutela nei confronti del silenzio, tuttavia, non poteva che realizzarsi con un’azione di mero accertamento: dal momento che nel silenzio non è configurabile un atto amministrativo non può parlarsi di azione di annullamento.
 La l. n. 205 del 2000 ha poi introdotto ulteriori modifiche:
- il ricorso non è soggetto al termine ordinario di decadenza di sessanta giorni, ma può essere proposto fintanto che l’amministrazione ometta di provvedere;
- il giudice, se accoglie il ricorso, ordina all’amministrazione di provvedere (indicando il contenuto del provvedimento) entro un termine congruo. Dal momento che il giudice non può sostituire proprie valutazioni a quelle che la legge demanda alla discrezionalità amministrativa, comunque, l’ordine di provvedere in modo specifico può intervenire solo rispetto a profili vincolati dell’azione amministrativa;
- la disciplina del giudizio sul silenzio dell’amministrazione introduce una tutela modellata sull’azione di adempimento, con la quale il cittadino che contesti un provvedimento negativo dell’amministrazione può chiedere una pronuncia giurisdizionale che non si limiti ad annullare il provvedimento illegittimo ma che accerti anche quanto sarebbe spettato al ricorrente se l’amministrazione avesse agito legittimamente.
A prescindere dai dibattiti, il Governo ha espresso la volontà di non introdurre un’azione di questo tipo a livello generale. Il modello dell’azione di adempimento, al contrario, viene recepito dal codice nell’azione nei confronti del silenzio;
- l’azione a tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi, introdotta dall’art. 25 della l. n. 241 del 1990, permette al cittadino di ricorrere al Tar se l’amministrazione nega l’accesso ad un documento o non risponde ad una sua richiesta. Il giudice amministrativo, peraltro, se accoglie il ricorso ordina all’amministrazione di esibire il documento (sentenza con ordine specifico). Il ricorso a tutela del diritto di accesso, peraltro, deve essere proposto entro un termine breve di trenta giorni, stabilito a pena di decadenza.